Continuiamo la serie delle nostre interviste: questa volta la “vittima” di turno è Andrea, cantante/chitarrista dei The Manges, ma anche fondatore dei Veterans. In vista delle prossime uscite della sua seconda band – o meglio studio-project – abbiamo deciso di contattarlo per scambiare qualche chiacchiera. Buona lettura!
[ANDREA] – Aloha Andrea, come stai? All’s Quiet on the Eastern Front?
[ANDREA MANGES] – Bene, grazie. Mi tengo impegnato!
[A] – Dopo diversi anni di silenzio, finalmente nuovo materiale targato Veterans. Che cosa possiamo aspettarci da questi due nuovi 7”?
[AM] – Abbiamo 4 nuove canzoni pronte! Dalle prossime uscite, ci sarà sempre più alternative rock, pop e ogni genere di influenze. Questi 4 nuovi pezzi sono forse un pochino più punk, ma c’è comunque una cover di Jan & Dean, e direi che come
stile non ci siamo allontanati molto dal nostro primo disco.
[A] – Qual è la line-up? Anche questa volta ci saranno ospiti “illustri”?
[AM] – In studio
siamo andati io e Alex che siamo quelli che hanno il progetto in mano, con
Toro, lo stesso batterista di sempre, perchè è bravissimo ed è un amico. Al
basso abbiamo pensato di chiamare Ally dei Teenage Bubblegums perchè abbiamo
lavorato con il suo gruppo e ci siamo trovati molto bene con lei. Ospiti
illustri alle chitarre soliste Stefanino dei Tough e Gardo degli PsychoSurfers. Poi c’è Perry Leenhouts, il cantante dei Travoltas, che ci ha fatto
l’onore di mettere i suoi cori su 3 canzoni. Il progetto Veterans deve molto ai
Travoltas, non ci vuole molto a capirlo, per cui per noi la partecipazione di
Perry ha un significato importante.
[A] – La grande novità è stata il ricorso al Crowdfunding. Come è nata questa idea?
Puoi spiegarci in breve come funziona Musicraiser?
[AM] – Mi piace provare cosa nuove, mi piaceva il fatto che noi della band avremmo avuto il controllo totale del progetto, dallo scrivere le canzoni a spedire i pacchetti
con i dischi e il merchandise. Musicraiser funziona come KickStarter o altri siti di crowdfunding, ma è specifico per la musica ed è un sito nato in Italia. Se approvano il tuo progetto, hai un certo periodo di tempo per farti supportare e se raggiungi l’obbiettivo ti danno i soldi per realizzare il progetto, mentre se fallisci ciascuno si riprende i suoi. Tutto o niente. Noi ci siamo pagati una buona parte della stampa di due 7″ e del merchandise.
Ovviamente chi ti supporta viene ricompensato con dischi, merchandise, o altre
“ricompense” che stabilisce l’artista. Noi siamo stati sul semplice e per lo più abbiamo fatto una prevendita un po’ più originale del solito.
[A] – Ho letto molti articoli polemici del tipo: crowfunding = elemosina. Per piccole-medie realtà (come potrebbero essere i Veterans) si tratta di un preziosissimo strumento; trovo però ridicolo il ricorso “esasperato” e l’uso indiscriminato da parte di altri artisti, anche di un certo spessore, che offrono addirittura una videochiamata su
Skype oppure un esclusivo aperitivo… Cosa ne pensi?
[AM] – La penso come te, e infatti ho evitato di inserire nel progetto “ricompense”
così sputtanate o di cattivo gusto. Non lo so se il crowdfunding è il futuro per la musica indipendente, ma oggi è uno dei tanti sistemi disponibili grazie al web, e noi l’abbiamo impostato molto sulle logiche del vecchio DIY, rivolgendoci direttamente ai fan ma anche a piccole etichette e distributori che sono la base della nostra scena. Alla fine con la massima trasparenza una label Finlandese ha comprato uno dei pacchetti che avevo predisposto e con una spesa ragionevole si ritrova ad essere l’unica label a mettere il logo su due nostri dischi. E noi abbiamo il controllo totale e molte copie già distribuite.
[A] – Mettersi in discussione e affidarsi completamente ai fan poteva rivelarsi un flop ma è stato un bel successo: diversi Raisers da tutto il mondo hanno supportato il progetto, consentendo di raggiungere il 116% della somma prefissata. Sei soddisfatto? Cosa sarebbe successo nel caso in cui non fosse stata raggiunta la somma? I brani sarebbero finiti nel dimenticatoio?
[AM] – Sicuramente siamo soddisfatti, molto felici della fiducia che ci hanno dimostrato così tante persone… del resto la paura di non farcela c’era. E’ stato veramente
bello perchè mentre promuovevamo musicraiser siamo stati in contatto con un sacco di amici. Molte label interessate sono state frenate dal fatto di non poter avere i dischi “in esclusiva” per loro, e posso capirlo visto che il mercato è così ristretto ormai. Trovarsi in mano troppe copie di un disco che è già stato ordinato da molta gente direttamente al gruppo può essere un rischio. Se il crowdfunding fosse andato male, avrei dato i pezzi comunque a qualche etichetta (ce ne erano di interessate) o avrei fatto uscire io
direttamente i singoli. Mi sarebbe dispiaciuto non far uscire le canzoni, alla fine il succo era quello, eh.
[A] – Ultime domande riguardo i tuoi side-projects: ci sarà occasione nel futuro di nuovi concerti con la tribute band It’s Alive? Qualche possibilità di vedere dal vivo i Veterans? ( ok, è una domanda che ti hanno fatto 1000 volte, ma per dover di cronaca… tocca pure a me)
[AM] – It’s Alive, non saprei… sia noi Manges che Hervè siamo sempre molto impegnati e la cover band è bella in quanto piccolo “happening” per noi, ma fare cover a tempo pieno mi pare un po’ da sfigati. I Veterans non sono una vera e propria band, li vedo più come un progetto da studio al quale far partecipare musicisti diversi ogni volta, fermo restando la “regia” da parte mia e di Alex. E no, per il momento non esiste alcun progetto di metter su una formazione per suonare live. Ma mi piacerebbe continuare a far uscire musica e merchandise.
[A] – Personalmente ho un rapporto di amore/odio con le label visto che a “lavorare con passione e attitudine” – pur vero tra mille difficoltà – sono rimasti davvero in pochi. Tra crowdfunding e STRIPED punk rock shop, pensi che i Manges abbiano davvero bisogno di una label per i successivi lavori?
[AM] – Spesso rimaniamo delusi dalle labels con cui lavoriamo, e stiamo accentrando sempre di più gli affari dei Manges nelle nostre mani (ad esempio ci stiamo svincolando
dal contratto con la Kid Tested per riprenderci “Rocket To You“), ma per fare le cose bene c’è sempre bisogno di un po’ di supporto. I Veterans hanno un pubblico limitato ma gestirli è comunque un grosso sforzo. Per i Manges, certo siamo in grado di produrci e distribuirci da soli ad ogni livello, Striped va molto bene, ma non escludo che lavoreremo con altre label in futuro.
[A] – Dalla prima demo allo split con gli Apers: vent’anni ricchi di dischi, concerti, tour e tante soddisfazioni che vi ha portato ad essere, senza dubbio, i portavoce del punk rock italiano nel resto del mondo. Oltre a un’ ecomiabile dedizione alla causa, quali pensi possano essere stati gli episodi chiave che hanno dato la “svolta” alla vostra carriera? C’è stato un momento, invece, in cui hai pensato che l’avventura con i Manges
stesse per terminare?
[AM] – Eh sì, sono vent’anni adesso. Beh noi nel 1993 onestamente eravamo molto giovani, 16/18 anni, e nella scena eravamo marginali anche se siamo stati tra i primi a essere notati e far uscire sette pollici e altro. Siamo stati fortunati perchè il pop punk è esploso poco dopo che abbiamo iniziato i Manges, ma ci siamo ritrovati già fin troppa attenzione addosso quando ancora stavamo imparando a suonare. Credo che dal 1996 in poi, e ancora più marcatamente dal 1997 quando siamo tornati da Londra, abbiamo iniziato a distinguerci e influenzare un po’ anche le altre bands Italiane. Poi la scelta di stare ai margini della scena e non provare a inserirci nel giro dei “pesci grossi” ha pagato molti anni dopo in termini di coerenza e rispetto da parte della scena. Siamo anche stati fortunati a essere coverizzati dagli Screeching Weasel nel 2000 e comunque ad avere un sacco di simpatizzanti all’estero. E’ anche vero che siamo sbattuti e lanciati in giro per Europa e USA, lasciandoci alle spalle lavori e sicurezze, per cui ce lo siamo anche un po’ meritati. Qualche volta abbiamo avuto l’impressione che si stesse per finire, ma in realtà adesso non credo che smetteremo presto.
Ormai siamo una famiglia, e la passione per scrivere canzoni, inventare storie, parlare di musica, libri, film e viaggiare insieme non ci passa più. Stiamo scrivendo un nuovo album proprio in questi mesi, per cui mi sento parte di un gruppo in palla, non è nessuna reunion, non ci siamo mai fermati. A differenza di altre bands abbiamo tenuto il ritmo basso e costante e così non siamo mai scoppiati. Adesso guardando indietro 20 anni sembrano tantissimi ma non è stato difficile, sono solo passati molto in fretta.
[A] – L’anno scorso siete stati in tour per la prima volta in Giappone. Ci puoi parlare un po’ di questa esperienza? Che differenze hai notato tra la loro “scena” e quella italiana/europea? Qualche gruppo nipponico da consigliarci che ti è particolarmente piaciuto?
[AM] – E’ stato uno dei viaggi più belli della mia vita e di sicuro se non ci fossi andato con i Manges, dubito che me lo sarei potuto mai permettere. La scena Giapponese è sicuramente vivace e ben organizzata, non enorme ma noi da headliners abbiamo avuto piccoli locali sempre pieni e questo ci basta e avanza. Non sapevo molto del Giappone per cui credevo fossero più “globalizzati”, in realtà ho imparato che loro hanno la loro cultura ed è molto forte, quindi guardano con attenzione e passione all’occidente, alla musica e allo stile, ma lo filtrano sempre dal punto di vista di un mondo diversissimo dal nostro. Stare là è una
sorpresa e un’assurdità continua, e dopo il mio ritorno ci ho messo molto a “togliermi di dosso” quel viaggio. I gruppi “alla Ramones” sono quelli con cui abbiamo suonato più volte, SoCho Pistons, Idaho Rainys, Disgusteens, Kingons… ce ne sono molti di buoni. La serata più bella è stata quella per il loro Ramones Fan Club.. abbiamo suonato solo cover dei Ramones… un successo.
[A] – Negli ultimi anni hai collaborato come produttore con i Kill That Girl, Teenage
Bubblegums e con i Ponches. Come ti trovi in questa inedita posizione dietro le quinte? Pensi che ci possa essere per te un futuro anche in questo ruolo?
[AM] – Ho prodotto Kill That Girl e Teenage Bubblegums ed entrambi credo abbiano fatto dischi migliori dei loro precedenti per cui credo di aver lavorato bene anche se non
sono molto esperto in quel ruolo. I Ponches li ha sì registrati Alex ma artisticamente si sono prodotti da soli. Io gli ho dato una mano, pochi consigli, scritto un testo e cantato qualcosina. E’ stato un onore. Mi piacerebbe molto se potessi farlo ancora, ma ci vuole tempo per dedicarsi a certe cose e, non essendo certo possibile farne un lavoro, dovrò scegliere di usare il tempo per i Manges o casomai i Veterans. Poi se ricapitasse
l’occasione di lavorare con altri gruppi, vedrò.
[A] – Quali sono i dischi che stai ascoltando di più? Per molti sono il gruppo più fico degli ultimi anni.. ad altri fanno letteralmente schifo: una cosa è certa, i Masked Intruder sono il gruppo più chiacchierato del momento, tu cosa ne pensi?
[AM] – Ascolto molta roba vecchia e poco punk. I Masked Intruder non mi hanno colpito, anzi. Credo siano un buon gruppo, niente di speciale, più che altro non mi spiego
come mai tutti van fuori di testa per loro. Oh, va bene così.
[A] – Come di consueto ai nostri ospiti, facciamo una domanda sui Ramones. Immagina
di essere nuovamente un teenager, conosci una ragazza ma è una grandissima
peccatrice e non conosce i Ramones (“Chi sono? Ah, pensavo fosse un’azienda che fa polpette, sughi e gelati! Se non sbaglio ho visto anche una maglia da H&M!” ). Ti offri quindi di prepararle un cd (o meglio una cassetta) per conquistare il suo cuore e colmare questa
gravissima lacuna. Quale sarebbe la track-list ideale?
[AM] – Anche da teenager comunque mi piacevano ragazze che chi erano i Ramones già lo sapevano! Se proprio non ne ha idea è impossibile spiegare da zero tutta la storia e la
filosofia. Fai meglio ad assecondarla e dire “Sì, quelli del ragù, vieni a cena che facciamo gli spaghetti al sugo di Marky”. Comunque vero, facevamo cassette, non ancora cd. Troppo difficile adesso fare una tracklist, ma posso dirti che tra i pezzi romantici andavo matto per “She Belongs To Me”, quella pop su Animal Boy. Sicuramente ci avrei messo quella.
[A] – Prima di concludere l’intervista e farti le ultimissime domande, vorremmo ringraziarti per essere stato così gentile e disponibile con noi!
Hai qualche news da darci in anteprima? Pensi che se lanciassimo una campagna
con Musicraiser riusciremo a portare, un giorno, gli Screeching Weasel in Italia? 🙂
[AM] – Hey grazie a voi! Non abbiamo niente di sicuro ma come ti ho detto, stiamo scrivendo un nuovo album quindi qualcosa più avanti spero che succeda! Per lo meno andare a registrare! Poi stiamo fissando qualche data in Italia e all’estero per autunno
ma ancora niente di confermato. Gli SW spero che prima o poi verranno… noi a
Ben Weasel lo abbiamo sempre detto che siamo in tanti a volerli vedere qui.