Bad Religion – Age Of Unreason (2019)

Preorder Edition
Bad Religion – Age Of Unreason (2019) Epitaph

Bad Religion, L’epoca dell’irragionevolezza, quella in cui viviamo. Togliamoci subito via No Control e Suffer: l’album nuovo non è né l’uno né l’altro, sono passati 30 anni e più da quei due pilastri e non avrebbe alcun senso una replica. Se volete quelli ascoltate quelli. I Bad Religion si sono sempre dimostrati padroni assoluti della melodia, delle “ballate punkrock” fin dagli inizi, hanno sempre preso il meglio da altri generi (folk, pop, rock – accelerandoli) e l’hanno convogliato nel contenitore del loro personalissimo punkrock, questo già da Generator in poi.

In copertina la testa spezzata di una statua classica, a bordo di un auto. I tempi moderni che dimenticano il passato, lo denigrano, non lo rispettano, scordano la storia è gli errori già commessi.

E ora pezzo per pezzo, come si deve ad una band che è arrivata al diciassettesimo (!) album in studio senza perdere la voglia, le idee, il divertimento e la genialità. E nemmeno la velocità. In questo album c’è tutto e c’è un po’ di ogni loro precedente album.


Chaos from Within – La bomba di inizio disco, una legnata sulla scia di Sinister Rouge, The Day That the Earth Stalled, 52 Seconds, Change of Ideas. Un ritornello folle, il classico pezzo con cui aprire i concerti e il pubblico impazzisce. E come potrebbe non farlo?

My Sanity – Il pezzo che i Bad Religion sanno fare, sembra molto melodico ma sotto la batteria ti picchia e non te ne rendi conto. Testo emozionante, menzione speciale per la strofa da brividi “There comes a time when you look up to the sky and ask why do my favorite songs always make me cry?”. Cuori in alto e lacrimoni.

Do the Paranoid Style – Che suoni hanno utilizzato in questo lampo di follia? Cori fuori di testa, un ritmo nervoso e serrato con un testo dedicato a complottisti e paranoici. Direttamente dai primi anni 80, meravigliosamente inquietante.

The Approach – “Classico” pezzo da Bad Religion: melodia e assoli che si fondono perfettamente. Il testo è buona parte della loro filosofia, la visione pessimistica che ci ricorda “Nonostante tutte le illusioni ci avviciniamo all’ora più buia”.

Lose Your Head – Pop ragazzi. Questo è un pezzo pop degli anni ’80, senza scherzare. Qui ci sono i Buzzcocks e i Boys e i 999 e l’anima pop del Dr. Graffin si manifesta senza alcun pudore. Ed è subito Top of the pops!

End of History – Ascoltare il ritornello di questo pezzo con cori, controcori, seconde voci: c’è tutto quello che deve esserci in una canzone, una di quelle che ti resta in testa per sempre. Il testo è un’accusa affilata e diretta a chi sta distruggendo e insozzando senza nemmeno pensare a cosa resterà di lui “alla fine della storia”.

Age of Unreason – La title track è apocalittica. Questa canzone in pochi potrebbero scriverla e suonarla, un altro pezzo 100% Bad Religion, con picchi melodici che ricordano uno dei loro pezzi più belli di sempre (Skyscraper).
“But I, as a child who plays for fun with his eye up to the barrel of a gun watch the fools believe as one in this unrepentant age of unreason”. E’ o non è, una poesia punkrock?

Candidate – Qui sta tutto il nuovo album dei nostri. Questo pezzo è NUOVO. Questa non si era mai sentita prima, un inizio sporco, ruvido, solo voce e chitarra acustica, da suonare giù in un angolo buio della metro. Poi si trasforma e parte la ballata, gli assoli di Baker sono magici, il testo è una sputo in faccia al politico finto, l’emblema dello schifo con il makeup in faccia dietro cui nascondere l’ipocrisia.

Faces of Grief – BOOOOOM! Volete No Control? Ecco, questa è caduta dritta fuori da quell’album, tra una Big Bang e una Henchman ed è una granata dritta sugli incisivi. Il basso di Jay qui è pazzia pura, in primo piano come in un pezzo dei Descendents.

Old Regime – Si torna al classico suono, pezzo politico (“La nuova aristocrazia puzza proprio come il vecchio regime”) con melodie killer della coppia d’oro Brett e Greg, cattiveria & cori come un temporale estivo.

Big Black Dog – Fino al ritornello sembra “The Empire Strikes First” – proprio la canzone, non l’omonimo album-. Chitarrone super rock, cani che abbaiano e un testo che è un’altra pugnalata allo schifo odierno (“I maiali devono nutrirsi della loro fetta di pancetta”). Finale bizzarro con un coretto ripetuto con seconda voce femminile che resta fisso nelle orecchie.

Downfall – Anche questo è un pezzo “nuovo”, che non si era mai sentito. Hand-clapping, effettini elettronici per una melodia radiofonica, un singolone che potrebbe piacere anche alle mamme dei punkrockers più brutti. Adorabile, ma non per tutti.

Since Now – Poco più di un minuto e mezzo per questa penultima traccia, veloce, divertente, da dito indice alzato, un bel ritmo. Con questa in auto alzi il volume a palla e acceleri.

What Tomorrow Brings – Così come Chaos from Within è un inizio classico (veloce) questa è la classica chiusura emozionante e che riporta un po’ di speranza all’animo di ascolta, dolce ma veloce, sulla stessa scia di pezzi come Live Again (The Fall of Man), Fields of Mars, In So Many Ways, Changing Tide. Il giusto finale per un album che ha tantissimo da dire, pieno zeppo di idee e su cui riflettere a lungo.

Grazie ragazzi per le emozioni che trasmettete. Ancora. Dopo 40 anni.
“Yeah, they’re promises of what tomorrow brings”…

Sugus – 2018 – 1995

I Sugus non hanno bisogno di presentazioni, dai! Dopo oltre 20 anni di onorata carriera e a distanza di 5 anni da Ciclostes, tornano i veterani spagnoli con un nuovo album,1995, e sulla scia del precedente mantengono la loro formula invariata: 14 pezzi alternati in inglese e spagnolo, veloci, poppettosi e divertenti come ci hanno abituato negli anni.
Il suono degli spagnoli è sempre stato un mix delle più svariate band, trovi il tupa-tupa dei NOFX, la voce weaseliana e l’attitudine selvaggia dei migliori Ramones: il risultato è un sound unico diventato il marchio della band.
Rispetto al precedente lavoro, si notano le chitarre un po’ più pulite e forse la voglia di fare qualcosa di diverso rispetto al solito, vedi A weasel in my pants. Menzione speciale per Alambrada e Sorry, We’re Punks dedicata al compianto Paco di Rufus Recordings.
Dove acquistare? Abbiamo ancora qualche copia in stock (clicca qui) oppure potete sempre rivolgervi alle etichette che hanno pubblicato l’album ossia Monster Zero e Rufus Recording.

The Mugwumps – 2018 – Clown War Four

Carissimi, ecco a voi l’album dell’anno. Posso concludere le recensione così, perché non ho dubbi al riguardo, c’è poco da discutere.

Scrollarsi di dosso l’etichetta della band di Banana Brain non è affatto facile così dopo due album belli, ma non quanto il celebre disco d’esordio, il terzetto di Innsbruck spara un disco incredibile. In meno di 24 minuti arrivano 13 rasoiate che non lasciano spazio alle parole. C’è tutto quello che deve esserci in un disco punk rock: velocità, attitudine, melodia, potenza e semplicità così come la sacra scuola newyorkese insegna.
Ogni pezzo, a mio avviso, è davvero degno di nota, segnalo in particolare il singolo d’esordio “Love Is Out” (qui il video), “Fifth Rule” e “Scorpion” dedicata a sua maestà Dee Dee.
In un genere musicale dove spesso abbonda la mediocrità travestita da sperimentazione, i Mugwumps ci regalano questo gioiellino che mette in riga tutti e surclassa il 90% di dischi usciti quest’anno.
Menzione speciale per la copertina, opera di quel fenomeno di Tommy Eppes.

Dove comprare il disco? Dal piccolo IBR store ovviamente, oppure da Monster Zero, Bubba Ho-Tep!

 

Saturday Night Karaoke – 2018 – Professional Goofballs

Il caro Goomba continua a chiedermi di recensire i nuovi album di casa Monster Zero, ma la mancanza di tempo e voglia ha ridotto la mia attività di blogging al minimo sindacale. Preso da una botta clamorosa di entusiasmo visto il weekend appena trascorso in giro per vedere HEAD e Mugwumps, penso che sia il caso di dedicare qualche minuto delle mia pausa pranzo per parlare degli ultimi lavori targati MZ.
Ho scritto così ben 4 recensioni in mezz’ora, più di quanto abbia fatto negli ultimi 3/4 anni almeno e credo ne pubblicherò una a settimana… giusto per far sembrare il blog attivo.

Che ci fa un gruppo Indonesiano su Monster Zero? Me lo son chiesto anche io, sono sincero. Prima cosa ho pensato: Kevin cerca un posto figo dove andare a fare le vacanze e ingozzarsi di ottimo cibo. Dai, l’avete pensato anche voi. Scherzi a parte, non conoscevo minimamente i Saturday Night Karaoke ma dal press kit inviato, leggo che hanno 10 anni di attività alle spalle, diversi album ed ep pubblicati… insomma un percorso davvero rispettabile.

La curiosità e lo scetticismo regnano sovrani, lo ammetto, ma parte il primo pezzo Venus The Internship Clown ( che si rivelerà alla fine anche il mio preferito) e grido al cazzo di miracolo. Che bomba! Un pezzo fico e che sfiora i 3 minuti senza annoiarmi, non è possibile! Seguono Buzzer Rejector e Lamar e credo davvero che quella vecchia volpe di Kevin ci abbia visto davvero bene. Il resto dell’album continua sulla scia dei pezzi precedenti: ritornelli super poppettosi, coretti bubblegum, chitarrine alla Green Day di American Idiot e si vince facile.
Anche i pezzi rimanenti, tra alti e bassi, credo siano davvero fighi e pur non regalando il brividino del trittico in apertura restano complessivamente piacevoli. Un album che mi sento di consigliarvi.
Ottima sorpresa questi indonesiani, promossi a pieni voti. Dategli un ascolto.

Too Tough To Love – My Life With Johnny Ramone

Da qualche anno a questa parte i Ramones sono diventati ormai una miniera d’oro: fioccano libri, bootleg, gadget, carriere soliste più o meno discutibili, costosissime aste… insomma chiunque abbia avuto modo di vivere il Mondo Bizarro dei Ramones anche da lontano, cerca di unirsi al banchetto e dire la sua pur di racimolare qualche bigliettone. Inizialmente la lettura di questo libro non mi entusiasmava particolarmente: d’altronde cosa avrà da dire di interessante una ex di Johnny Ramone?

Voi direte, niente di particolare e niente di quello che già sappiamo: Johnny era un despota, razzista, violento, maniaco del controllo e fondamentalmente anche una brutta persona, diciamolo chiaramente. Quello che invece viene messo in rilievo da Roxy in questo libro è invece il lato più intimo, nascosto e inaspettato di Johnny e della loro romantica ma turbolenta relazione; emerge quindi il profilo di una persona emotivamente fragile, premurosa, tenera, solitaria e tutto sommato non così pessima come sempre abbiamo immaginato.

Chi ama i Ramones avrà certamente sentito e letto mille storie sul triangolo amoroso tra Johnny-Linda-Joey ma in pochi sanno che in realtà c’è stato anche un quarto lato. Nonostante la loro relazione fosse “in teoria” finita da tempo, Roxy descrive minuziosamente la loro storia parallela andata avanti per oltre 20 anni, fatta di telefonate segrete e saltuari incontri clandestini terminati solo quando Roxy finì in carcere rovinata dalle droghe e dall’alcol.
Come è possibile immaginare, tra le due donne di Johnny tutt’ora non corre buon sangue e Roxy non fa niente per nascondere di avere ancora il dente avvelenato per essersi fatta sfilare l’uomo ingenuamente davanti gli occhi.

Tra alti e bassi e una scrittura non sempre fluida è un libro tutto sommato piacevole, probabilmente scritto più per mettere in cattiva luce la signora Ramone che per effettivo desiderio. Quanto c’è di vero in questo libro? Non lo so e non mi interessa, certo che vedere Johnny Ramone “più umano e meno stronzo” è sicuramente l’aspetto più interessante del libro.
Consigliato agli incalliti e feticisti fan del Comandante e dei Ramones.

Sloks – 2016 – Sloks

Ok, ok. E’ un disco uscito lo scorso dicembre ma avevo voglia di scrivere due righe sul nuovo sito. Visto che SNAFU ormai si trastulla sui blog di guerra e delle forze armate, accetto la richiesta di qualche secolo fa della band e penso che in fondo non è un grandissimo crimine scrivere ogni tanto una recensione. In fondo quest’anno sono usciti tanti dischi interessanti, può mancare la mia opinione del cazzo?

Gli Sloks sono un terzetto torinese che propone garage-(proto)-punk che gli amanti del genere sicuramente apprezzeranno sin dalle prime battute.  Io, che sono davvero un ignorante al riguardo, faccio un po’ fatica ad individuare le influenze della band (Cramps? Gories? Mummies?) e magari ad apprezzarli per bene, ma in tutta onestà devo dire che non mi dispiacciono. Vuoi per i riff un po’ ossessivi, vuoi per la batteria pestata a dovere, vuoi  per la voce aggressiva ma “citofonata” come da manuale del Lo-Fi.

Cosa penso di questo 7″ quindi? Penso che tutto sommato è carino, non mi esalta ma non mi dispiace ( la traccia d’apertura,Tank Of Gasoline, è la mia preferita) : ritengo che forse suona troppo barcellacore per piacere a Speciani, viceversa è troppo specianicore per piacere a Franz Barcella, piazzandosi idealmente in quella terra di mezzo rappresentata da una band tipica del Festival Beat.

Se siete fan del genere sicuramente gli Sloks faranno al caso vostro, dategli una chance.

 

TRACKLIST
01 – Tank Of Gasoline
02 – Use Me
03 – Into The Mud
04 – Close The Door

BAND
Peter Chopstick – drums
Ivy Claudy – vocals
Buddy Fuzz – guitars

Crusades – 2017 – This Is A Sickness And Sickness Will End


Per chi non li conoscesse ancora, i Crusades sono un quartetto proveniente dalla prolifica scena di Ottawa, nati ormai qualche anno fa da una costola di Steve Adamyk Band e dei Creeps, il che è già sinonimo di qualità.
This is a sickness and sickness will end, esce dopo 4 anni di silenzio per Anxious and Angry e Countless Altars (credo) solo in vinile in due versioni: nero con striature verdi e viola e in edizione super limitata color bone: un bel bianco semi-perlato con striature rosse e blu, a quanto pare già andata sold-out. In realtà in giro c’è anche una terza versione comprensiva di uno split 7″ con gli Off With Their Head disponibile in esclusiva sullo store di Anxious and Angry; ormai comprare dischi dagli USA costa veramente troppo, mi accontento della versione bone.
L’album composto da 8 tracce (4 per lato) per una durata complessiva di circa mezz’ora, naviga su tematiche e sonorità cupe esplorate già in precedenza dalla band, un po’ il loro marchio di fabbrica; tuttavia a differenza dei precedenti lavori, le chitarre virano verso suoni più morbidi, l’arpeggio è più ricercato e il disco risulta complessivamente più melodico: il che non vuol dire che stiamo parlando di un disco pop…tutt’altro… ascoltatelo e capirete cosa voglio dire: non escludo che i primi ascolti possano lasciarvi indifferente prima di essere completamente assorbiti da questo gran bel disco.
Tra le mie preferite, segnalo 1713 (The Scorching Fevers), 1940 (Whirr and Chimm) e 1846 (Once Drinking Deep).
Consiglio vivamente di procurarvelo, probabilmente finirà direttamente nella mia top ten del 2017. Alla faccia di chi mi accusa di ascoltare solo Ramonescore.
Striped ha qualche copia disponibile dell’edizione bone, non fatevelo sfuggire!

TRACKLIST
01 – 1590 (Sickness Never Ceasing)
02 – 1828 (Father Of Waves)
03 – 1713 (The Scorching Fevers)
04 – 1940 (Whirr And Chime)
05 – 1894 (Children Of Silence And Eternity)
06 – 1866 (Porch And Portal)
07 – 1846 (Once Drinking Deep)
08 – 1657 (Black Curtains Draw)

BAND
Jordan Bell : Drums, Vocals
Skottie Lobotomy: Bass, Vocals
Emmanuel Sayer : Guitar, Vocals
Dave Williams: Guitar, Vocals

McBain – 2017 – Revenge

Ok, si è una nuova recensione… dopo quanto? Due anni?
Non che se ne sentisse proprio la mancanza eh, però darla vinta a Mob, che mi invita alla chiusura del blog è inconcepibile, mi tocca quindi rimettermi a scrivere due righe per una delle poche nuove band del milanese degne di nota.
I McBain sono un trio nato più o meno un anno fa che propone un punk-rock molto poppettoso, semplice e scanzonato, sulla scia della migliore tradizione americana, proprio come piace a me (cit.).
Se dovessi scomodare qualche nome pesante direi che più che i Descendents, già citati dal buon Lupo, sento tanto dei Bouncing Souls, ma i paragoni e le ispirazioni lasciano il tempo che trovano e possono essere anche pareri soggettivi, meglio concentrarsi sul disco.
Revenge, registrato al Toxic Basement Studio, è composto da 10 tracce che vedono il buon Ame – principale autore dei pezzi – alternarsi con Ale alla voce supportati anche da qualche corretto di Enri: questa varietà dà sicuramente un valore aggiunto alle canzoni, di per sé già molto gradevoli.
Si nota anche un ottimo lavoro di post-produzione, il disco suona sicuramente molto meglio delle media delle registrazioni del panorama italiano, il che può piacere o no… – su questo potremmo parlarne per ore – personalmente le (finte) registrazioni lo-fi mi hanno proprio stancato.
Detto questo, Revenge (Artwork by Spugna) è senza dubbio un album d’esordio molto interessante che porta alla ribalta i McBain, segnalo tra le mie canzoni preferite I’m Sorry Now, Fuck You All, Surfing in the City e Breaking Up Tonight.
Per chi volesse sostenere la band e acquistare il disco, contattateli su facebook o su bandcamp.
Ci vediamo fra due anni.

TRACKLIST
01 – I Wish I Was Younger
02 – I’m Sorry Now
03 – What I Need
04 – Time With You
05 – Fuck You All
06 – Surfing The City
07 – Breaking Up Tonight
08 – When I Was Old
09 – Sunglasses In The Rain
10 – Miss You

BAND
Ame Bumpkin – voce, basso
Ale Moes – voce, chitarra
Enri Gluesniffer – batteria, cori

Isotopes – 2015 – Nuclear Strikezone

Ecco qua il disco che aspettavo con ansia, ansia e ancora ansia per darmi una bella boccata di ossigeno.

Seguo gli Isotopes ormai da un paio d’anni da quando per caso ascoltai alcuni pezzi su bandcamp.
Registrazioni non proprio pulitissime ma che sicuramente misero la band
in buona luce entrando così nelle categoria “band da tenere sott’occhio”. Così  prima dell’estate, è uscito finalmente il nuovo album Nuclear Strikezone.
Cosa dire? Album a dir poco FANTASTICO! Amate i Ramones? Siete fan dei
Riverdales e dei Dickies? Siete infoiati con i Simpson (facile riconoscere i riferimenti) e il baseball?  Questo è pane per i vostri denti, c’è poco da fare.
Metti su il vinile, prendi una birra e mettiti comodo sul divano.. non  avrai nemmeno il tempo di iniziare a guardare il foglietto che ti ritroverai una mazzata in faccia con Never been caught.  E che pensi, sarà così per tutto il disco con pezzoni clamorosi come Total juice head, Chicks dig the longball, Bleacher Creature  Girl , The ballad of Rey Ordoñez ecc. interrotti soltanto da Night bus home to you a voler spezzare il ritmo incalzante e farci prendere un po’ di fiato.
In una marea di band del midwest-barbacore che non mi dicono proprio nulla questi ragazzi di Vancouver (faccio anche promozione turistica,città fantastica. Da visitare) mi hanno letteralmente entusiasmato, dandomi letteralmente linfa vitale.
Non ho mai visto una partita di baseball, non l’ho mai seguito e non ho mai capito nemmeno mezza regola, ma sti ragazzi sono riusciti nell’impresa di farmi almeno incuriosire.
Disco assolutamente da avere che sicuramente finirà nel mio personalissimo podio a fine 2015. Striped ha ancora qualche copia, altrimenti contattate la band, o la Stomp Records che ha curato il disco. Go Isotopes, Go!

 

TRACKLIST 

01 – Never Been Caught
02 – Total Juicehead
03 – Hasta La Vista, Baby
04 – Chicks Dig The Long Ball
05 – Situation No-No
06 – Hiroshima Dreamin’
07 – Magic Loogie
08 – The Ballad Of Rey Ordoñez
09 – Night Bus Home To You
10 – Goodnight Havana
11 – Bleacher Creature Girl

BAND
Trevor Uppercutz – drums
Dallas Duststorm – guitar, backing vocals
Evan October – voice
Vlad Zak – bass, backing vocals
Justin Safely – guitar, backing vocals
Tony Hustle – drums

Battle Of The Bands

Bom Prò – Autobus N° 7

Che li si conosca o meno, i Bom Prò da Livorno sono quasi 20 anni che suonano e nonostante il tempo passato hanno mantenuto inalterato lo spirito che li ha sempre contraddistinti, ossia quel sound anni ’90 marchiato tricolore che tanto ci ha faceva battere il cuore, ormai anni fa.

In Autobus 7, tra momenti di alta goliardia/genuina “idiozia” (nel senso buono del termine sia chiaro, vedi Trombadaria, BirreQuaglia Innamorata) e sprazzi di maturità (Autobus n°7) i vecchi punk-rockers livornesi, a mio avviso, azzeccano l’album condito con ottimi cori  scuola Flower-Punk e con due cover, I Can’t be, già comparsa nella Compilation Tributo dei Ramones, e Forza Sugar dei Rockin’ Horse. Fare un album in italiano è ormai utopico ma i ragazzi hanno dimostrando che con il giusto spirito tutto è possibile.

Durango 95 – Fuckin’ 40

 

 

Ho ricordi vaghissimi dei Durango 95, ricordo un lontano passato come cover/tribute band dei Ramones ( il nome è comunque abbastanza eloquente) e poi niente più.
A distanza di tanti anni, ho nuovamente notizie da parte loro, da quello che ho capito Ivano si è circondato di ex-membri dei Cani Pazzi e ha sparato fuori questo disco.
E’ punk rock in italiano, ben suonato, ben prodotto e con dei bei cori ma che a volte cade davvero troppo nel banale (caratteristica comunque frequente del punk-rock in italiano ,eh).
Gli spunti interessanti ci sono vedi, Fottuti 40, Un incubo, Happy (con la presenza di Ally Bubblegum), a voler dimostrare che non è necessario parlare di canne e sbirri per fare del buon punk-rock in italiano.
Scelta coraggiosa coverizzare in italiano (Lo sceriffo, Death or Glory, E’ tutto ok) ben 3 pezzi di 3 mostri sacri che a dire il vero non mi convincono affatto. Sinceramente mi aspettavo molto di più da chi gli anni ’90 li ha vissuti in pieno, ma il mio parere vale davvero zero e sono certo che a molti altri quest’album sarà piaciuto e piacerà.

Cavaverman – 8​-​bit From Hell

Ho già avuto modo di parlare dei Cavaverman (ex-Viboras) lo scorso anno con la recensione di James Dead Again, ci lasciarono con un bel disco dal sapore Misfits/periodo Graves. E questo nuovo ep, continua sull’onda precedente a voler dimostrare che la passione per zombie, videogames 8-bit (leitmotiv dell’ EP) è eterno anche se i 20 anni li hai già passati da un pezzo. Suonato bene (ma son certo che son in grado di fare ancora meglio) spicca senza dubbio la voce del cantante, incredibilmente potente e da sfruttare in pieno nelle prossime uscite (a quanto pare stanno lavorando a un nuovo album). Noi li aspetteremo con molta curiosità. Merita l’ascolto.

 

Honey – Honey

 

Adesso è il turno di parlare di un nome nuovo. Oddio, non proprio nuovo visto che mi hanno scritto tipo mille mesi fa, mille volte e solo ora mi sono messo a recensire l’album. Bene, gli Honey sono dei giovanotti della Romagna – nuove leve per intenderci – ma che sanno il fatto loro. Si parla di punk rock/hardcore melodico anni ’90, colpisce la buona tecnica di base e un’ottima conoscenza dei “principi fondamentali” del periodo,
Pur risultando in alcuni casi un po’ acerbi e violando ben due delle mie regole musicali (mai superare i 2:30 minuti e mai chitarre in levare), mi sento di promuovere i ragazzi aspettando con curiosità nuovo materiale. Ah, la Morning Wood Records, label olandese, ha pubblicato il disco. Che ci abbiano visto lungo?

 

Dee Cracks/Zatopeks – Behind the spotlight

 

 

C’era una volta Dee Dee Ramone, bassista della band più figa di tutti tempi che prese una clamorosa sbandata per il rap, abbandonò tutto, cambiò nome d’arte e incise Standing In The Spotlight. Riscontri negativi del periodo a parte, sin dal mio primo ascolto ho sempre considerato l’album una piccola gemma: lo stile di Dee Dee è il migliore anche quando vuol far cagare.
A distanza di 25 anni, Dee Cracks e Zatopeks, in collaborazione con Striped Music e il Ramones Museum di Berlino, si sono uniti per omaggiare la loro amicizia e il compianto Dee Dee interpretando due pezzi a testa e dandoci un’idea di come avrebbero potuto suonare i pezzi in chiave-Ramones: i DeeCracks pescano Brooklyn Babe e Poor little rich girl, Zatopeks rispondono con Mash Potato Time e Baby Doll.
I pezzi (praticamente i miei preferiti) e gli interpreti – bene o male – li conosciamo tutti e sappiamo già cosa aspettarci: questo disco oltre ad essere un bel pezzo da collezione è il giusto e passionale omaggio verso un vero e proprio “Re“. Da avere assolutamente.

 

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