The Fest 16 – 27/28/29.10.2017 (Gainesville)

Finito il Pre-FEST, c’è il cambio di location per l’evento principale, il FEST. Sveglia, colazione, e si parte: ci attendono circa due ore di macchina, risate e di paesaggi mozzafiato prima di raggiungere Gainesville. Rispetto a Miami o Little Ybor, la temperatura è decisamemente più bassa, pur restando piacevole.
Rapido check in albergo e si decide di andare subito verso il centro ad incontrare il resto del contingente italiano per andare al punto di accoglienza e fare una bella scorpacciata di dischi. I concerti del FEST ruotano attorno a una decina di locali situati nei pressi della Main Street cittadina, più lo stage principale situato all’aperto nella piazza dedicata a Bo Diddley.
Nonostante il pubblico presente sia aumentato esponenzialmente, anche al Pre-Fest l’ ingresso ai club è stato – nonostante i controlli direi ossessivi – quasi sempre immediato, rendendo l’attesa tutto sommato accettabile.

DAY 1

Teenage Bottlerocket @ High Dive – Nonostante la vastissima scelta di band presenti al Fest, uno dei miei chiodi fissi era vedere in tutte le salse possibili i Teenage Bottlerocket. La salsa del DAY 1, dice che i TBR suoneranno tutto TOTAL, mica cazzi. Mi presento puntualissimo all’ High Dive e prendo posizione: non troppo vicino alla calca, ma neanche troppo lontano dal palco. Non c’è alcun dubbio che TOTAL sia il loro album più bello e la loro performance è stata di livello, confermando le ottime impressioni dei giorni precedenti.

The Flatliners @ Bo Diddley Plaza – Band di punta del Mazzacore, i Flatliners hanno avuto l’onore di suonare nel main stage. Visti qualche mese fa a Milano, pur non essendo proprio nelle mie grazie devo dire che hanno fatto davvero un gran bel concerto: massicci, compatti e super-rodati per la gioia dei numerosissimi fan che affollavano le prime file. Non segnalo nessun momento top in particolare visto che non li conosco bene, ma il sorriso del Mazza-nazionale vale mille impressioni.

Hospital Job @ Bocafiesta/Palomino – In ottima forma. Passati dall’Italia recentemente, anche questa volta mi fanno una bella impressione. Ok, sembra un po’ di risentire le melodie dei Copyrights (chi scrive i pezzi alla fine è la stessa persona) ma con un’approccio più “zozzo”: portano comunque a casa dignitosamente un bel concerto. Bravi.

Snapcase @ Bo Diddle Plaza – Un tuffo nostalgico. Ricordo i pomeriggi da ragazzino a consumare Progression Through Unlearning, forse uno dei primi dischi a gettare le basi del filone (diventato poi una cagata) del metalcore. Il tempo passa, loro si son sciolti un paio di volte e sinceramente pensavo di trovarmi di fronte a una band “rammollita”. E invece cazzo, che botta! Hanno fatto un gran bel concerto, 40 minuti grintosi, sventolando in alto la bandiera dell’ old school. Bomba.

Hot Water Music @ Bo Diddle Plaza – Purtroppo loro sono stati una mezza delusione. Si presentano in formazione rimaneggiata vista l’inaspettata assenza di Chris Wollard (qualche giorno dopo è uscito il communicato dove lo stesso dichiara di aver bisogno di staccare la spina per un po’) e la band ne soffre tanto. La mancanza della seconda chitarra si fa sentire parecchio, facendo perdere un po’ di “tiro” alla band nonostante ce la mettano davvero tutta. A metà concerto c’è una piacevole incursione di Dan Andriano e poco dopo, a risollevare la situazione, spunta Chris Creswell dei Flatiners alla seconda chitarra. E la musica cambia decisamente. Peccato perchè in full line-up per tutto il concerto sarebbe stata un’altra storia. Sinceramente, credo che di più non potessero fare, spero di riverderli in una situazione differente visto l’amaro in bocca di un concerto un po’ monco.

88 Fingers Louie @ 8 Seconds – Mi avvio all’ 8 Seconds per evitare bagarre prima del conceerto dei Lillingtons, non particolarmente interessato al loro concerto. Nonostante ciò, sorseggiando l’ennesima PBR nello spazio all’aperto del locale, tendo l’orecchio verso il palco. Riconosco qualche pezzo vecchio ma anche diversi dall’ultimo Thank you for Being a Friend. Nessun entusiasmo particolare da parte mia, ma vedo tanta gente super-gasata, meglio così.

Sunshine State @ Durty Nelly’s – Gli 88 Fingers Louie non mi stanno entusiasmando, ho un piccolo buco e seguendo il consiglio del buon Max Rozzo si va a vedere i Sunshine State. Non li conosco minimamente, ma Max ci fa sapere che il batterista della band è Warren Oakes, storico ex degli Against Me!. Mi fa sorridere e riflettere, perchè penso al delirio di folla ad assistere agli AM! alla Bo Diddley Plaza e alle poche decine di persone presenti per loro, nonostante siano davvero molto bravi. Alla fine per suonare devi essere fortemente stimolato e soprattutto devi divertirti, se manca tutto ciò meglio fare un bel passo indietro e ripartire con entusiasmo e umilità dai piccoli club. Un’altra piccola piacevole sorpresa del Fest.

The Lillingtons @ 8 Seconds – In chiusura del mio primo giorno del Fest, ci sono ancora i Lillingtons e tocca di nuovo a loro farmi battere il cuoricino.

Non poteva concludersi in maniera migliore, davvero. L’ 8 Seconds adesso è imballatissimo, fa un caldo pazzesco ma riesco a ritagliarmi un angolino dove si respira e dove riesco a vedere benissimo tutto il palco. Salgono sul palco, partono con Drawing Down The Star e scatta di nuovo la magia. Emozioni allo stato puro, pezzo dopo pezzo. Ok, set praticamente identico a quello Pre-Fest, ma a questo giro hanno suonato molto ma molto meglio: precisi, dritti e meravigliosamente quadrati. A quanto pare li vedremo in estate da queste parti (!?!?).

DAY 2

Horrible Things @ Loosey’s – Il giorno 2 parte da questa band di Chicago. Durante il Pre-Fest avevamo conosciuto in albergo il bassista, Ryan, che ci ha parlato della sua band, dove suona tra l’altro il batterista degli Off With Their Heads. Visto che Ryan si dimostra super simpatico, vado a vederli e supportarli; devo dire che mi fanno una bella impressione. Ok, è quella roba che in USA viene chiamata anche “Midwest” (da noi è mazzacore) ma suonano molto bene e stranamente non sono pallosi. Promossi.

Teenage Bottlerocket @ Bo Diddley Plaza – Ed ancora una volta Bottlerocket! A differenza del DAY 1, lo slot era di ben 1 ora, oltre alla solita scaletta e qualche pezzo in più hanno dedicato molto tempo a sparare cazzate, e si sa che Ray quando si mette d’impegno è davvero un maestro. Pur mancando l’effetto sorpresa, nonostante Ray e Kody fossero un po’ in sofferenza con la voce, mi hanno gasato vista l’ottima prestazione: chi ha già visto almeno una volta i TBR sa cosa intendo.

Off With Their Heads @ Bo Diddley Plaza – Anche gli OWTH erano tra i gruppi che maggiormente mi interessava vedere. Avevo il timore che potessero soffrire il palco grande, e invece tengono botta alla grande. Scaletta e copione intendico al Pre-Fest: Clear The Air e Ryan a cantare in mezzo al pubblico. Top.

Beach Slang @ Bo Diddley Plaza – Il clima inizia ad essere meno mite ma visto l’inverno che mi attenderà a Milano, sono dell’idea che restare all’aperto è ancora l’opzione migliore. Riparto quindi dai Beach Slang in Bo Diddley Plaza, e me li rigusto volentieri. Come quasi tutte le band, che suonano più volte tra Fest e Pre-Fest, non colgo grosse differenze nella scaletta pur non conoscendoli: stesse battute, stesse gag (vedi gli stacchetti con i pezzi di Santana), tuttavia la loro performance mi piace anche questa volta, e rientrano a mani basse tra le migliori band viste in questa lunga maratona musicale.

BOIDS @ Durty Nelly’s – Decido di andare a vedere i canadesi BOIDS (nome super-nerd, complimenti) della Stomp Records (Isotopes, Real McKenzies ecc) perchè tempo fa avevo scambiato due chiacchiere con il cantante per fare qualche data in Italia; ricordo che mi era sembrato molto simpatico, peccato non riuscii a concretizzare (mai fare tour in Italia in estate: ragazzi è una regola). Hanno la sfiga clamorosa di essere in contemporanea con gli Against Me! ritrovandosi così a suonare davanti a una decina di persone. Ed è un peccato, perchè nonostante le troppe cazzate sul palco, fanno un bel concerto. La band è valida e i pezzi hanno quel retro-gusto un po’ alla Ramones e un po’ HC che non sono niente male. Sfigati.

The Penske File @ Bocafiesta/Palomino – Già visti qualche anno fa a Milano, ma sinceramente non ho un ricordo vividissimo di quella serata infrasettimanale al Blue Rose. Visto che prendono bene a tutti, decido di seguire la compagnia e vado a vederli anche io. Non mi entusiasmano particolarmente, ma non mi lasciano neanche indifferente. Son super rodati visto che son sempre in tour e si vede; saltano, cantano, urlano e si dimenano: la mia parrocchia è differente, ma sanno il fatto loro. Li rivedremo presto in Italia con il buon Matt Gyver ad accompagnarli in tour.

Career Suicide @ 8 Seconds – Qualche giorno prima di partire per la Florida il mitico Jimmy Vapid mi manda una mail: “Mi raccomando vai a vedere i Career Suicide, sono dei miei amici e spaccano”. Salvo il memo nell’app ufficiale del Fest, onestamente con non molta convinzione nonostante di Jimmy ci si può fidar ciecamente. Per chi come me non li conoscesse, i CS sono un gruppo hardcore old-school canadese con i controcazzi ( mi ricordano vagamente i Circle Jerks e perchè no, anche gli Off!)  che ha girato mezzo mondo e pubblicato una miriade di album e singoli. C’era davvero tanta gente a vederli: cinque secondi dopo che salgono sul palco scatta il pogo selvaggio, circle pit infernale e io fuggo mantenendo la distanza di sicurezza. 40 minuti di set super energico a dimostrare che il saggio Jimmy non sbaglia mai un colpo. Grazie.

The Dopamines @ High Dive – Vincono a mani basse il premio “Live più divertente del Fest”. Potrebbe concludersi così questa micro-recensione, chi conosce la band sa cosa aspettarsi. Visti diverse volte negli ultimi tour europei e il loro trucco è semplice : prima del concerto si sbronzano da far schifo e quando son ridotti come le merde iniziano a suonare. Facile, no? Anche questa volta la loro tecnica funziona strepitosamente, sarà stato anche grazie a una scaletta tipo best-of ma l’High Dive sembrava proprio stesse per esplodere. Non suonano certamente bene per loro stessa ammissione, ma il punk rock è anche questo, no? Fantastici. Guardare questo video per credere.

DAY 3

Squirtgun (Cover Set) @ High Dive – Anche il terzo giorno inizia prestissimo, la stanchezza inizia a sentirsi – 7 giorni di fila di concerti inclusi i Pre-Pre-Fest unofficial  – ho le ginocchia di un 90enne e stare in piedi a lungo è una tortura, ma ci sono gli Squirtgun con una lineup d’eccezione: Jorge Orillac (giovanotto di Panama), i fratelli Mass e Flav Giorgini, Zac Damon e un certo Dan Panic. Insomma vale la pena soffrire un po’. Nella prima delle due esibizioni previste, gli Squirtgun hanno eseguito solo cover pescando dalle milioni di band in cui anno militato o contribuito in qualche maniera (Screeching Weasel, Queers, Common Rider, Riverdales, Mopes, Zoinks ecc ) insomma per un mezzo pesce fuor d’acqua come me è stata una benidizione iniziare così la giornata. Conservo gelosamente la setlist, rubata a Flav Giorgini. Fine concerto ci avviciniamo al loro banchetto e abbiamo modo di scambiare due chiacchiere con Mass che oltre a dimostrarsi simpaticissimo e cordiale, sfodera un italiano praticamente perfetto.

Mean Jeans @ Bo Diddley Plaza – Mi perdo i Murderburgers e faccio in tempo a vedere gli ultimi pezzi dei Vacation Bible School (fighissimi) all’High Dive prima di dirigermi verso Bo Diddley Plaza per vedere i Mean Jeans, gruppo che aspettavo con tanta voglia. L’attesa non ha deluso, band davvero incredibile. Fanno i cazzoni, forse fin troppo, ma si divertono e fanno divertire il pubblico sempre più numeroso. Pescano a giro dalla loro discografia intervallata con dei jingle che stanno componendo per ottenere un “contratto”. Al momento del Fest, hanno tentato con la Mountain Dew (che apparentemente ha ringraziato ma dato picche). Grandissimi, speriamo di rivederli presto.

Into It. Over It @ The Wooly – Non avevo idea di chi fosse, ma a volte ascoltare i suggerimenti degli amici non è così male. Ci dirigiamo verso il locale e noto una fila disumana all’ingresso (unica volta praticamente in tutto il Fest) e dopo circa 25 minuti d’attesa riusciamo finalmente ad entrare: birretta e sale sul palco un ragazzo dalla faccia pulita che ispira già simpatia. Prende in mano una chitarra acustica e tra un racconto e l’altro esegue i suoi brani, molto melodici, ma con un chiaro background punk. Cazzo, che bravo! Locale pienissimo e dico anche meritamente. Da approfondire.

Iron Chic @ Bo Diddley Plaza – Giuro. Ci ho provato a dargli una chance, ma non ce la faccio, davvero. Seconda volta che li vedo e seconda volta che mi annoiano da morire. Per carità suonano anche bene ma, come nei dischi, mi sembra di ascoltare sempre la stessa linea vocale e la stessa melodia over and over. Mi sembrano spompi e deludono non solo me – che di certo non sono un fan – ma anche molti amici che li aspettavano con ansia. Vedo comunque tanta gente presa bene che canta e si esalta, e a me va bene così.

Squirtgun @ High Dive – Dopo un pomeriggio passato a girovagare per Gainesville saltando da un concerto all’altro, si ritorna all’High Dive per rivedere gli Squirtgun, questa esibizione prevede in scaletta solo brani loro. Allergic to You, Another Sunny Afternoon, Burn For You, Mary Ann ecc ecc fino a un inaspettato momento: sale sul palco Luke dei Copyrights, e Panic passa al microfono per Guestlist. Momento di delirio generale e sento i brividi. Non so neanche perchè, però vederlo così preso bene, forse pensando ai bei momenti sul palco con gli SW, mi mette davvero di buon umore. Chiusura con Social e tutti al bar, super sorridenti. Gran bel concerto, anche a questo giro!

The Copyrights @ High Dive – I Copyrights sono praticamente gli ultimi “big” rimasti. Visto che sono dei beniamini per il popolo del Fest, l’High Dive è ormai pieno all’inverosimile. Tutto il mondo è lì, spintoni, caldo asfissiante e mancanza di ossigeno mi spingono a guardare il concerto solo a tratti per poter rifiatare. Mi dispiace perchè per quello che sono riuscito a sentire ( pezzi presi da un po’ tutta la discografia) hanno fatto davvero un gran concerto. In fondo li ho visti diverse volte in Italia e Spagna e non sono particolarmente afflitto; ci sarà occasione di rivederli presto, ne sono sicuro.

I Like Allie e Red Car Burns @ Loosey’s – Siamo al mio amato Ligera oppure in Florida? Una bella coincidenza (?) fa in modo che a chiudere il “mio” Fest ci siano due band italiane di amici, oserei dire “locals”. Gli I Like Allie li seguo ormai dall’inizio e dopo aver avuto modo di dargli una mano nella pubblicazione dell’album è una piccola soddisfazione poterli vederli anche in questo contesto. I RCB invece li ho visti più in USA (3 volte in 7 giorni) che in Italia; in questi giorni trascorsi insieme ho avuto modo di conoscerli un po’ meglio e di apprezzarli anche nell’ambito musicale. Le loro performance? Sinceramente nel contesto che si era creato al Loosey’s è stato un aspetto secondario, c’era un atmosfera unica, eravamo tutti amici, tutti insieme felici per il momento ma con il cuore un po’ triste e consapevole che il Fest e la vacanza erano giunti alla fine.  Sicuramente uno dei miei momenti preferiti di tutta l’avventura.

Considerazioni sparse:

    • Son davvero necessarie 400 band in 5 giorni? Dico forse. E’ vero, c’è un ampia scelta ma ci sono anche tante fastidiosissime sovrapposizioni anche per chi come me aveva “poche preferenze”. Ed è sempre un dilemma scegliere.
    • Mmm.. ha molto senso vedere 4 giorni di fila la stessa band?
    • Odio fare l’italiano a tutti i costi ma la fame e la fretta mi portava spesso a mangiare una pizza al volo; non capirò mai perchè in Florida devono caricare il pomodoro con zucchero, una montagna di pepe nero e il peperoncino.
    • Dei ragazzi di Cincinnati, mi raccontavano che quando i Dopamines suonano in casa pochissima gente va a vederli. Erano un po’ sbronzi quindi poco attendibili ma mi chiedo: Coincidenza o Nemo propheta in patria ?

Mi rendo conto di aver scritto davvero tanto, se stai leggendo e sei arrivato fino in fondo, tanta stima per te e grazie per la pazienza. Ho cercato di riassumere il più possibile, spendendo due parole per ogni band vista e spero di essere riuscito anche in minima parte a rendere l’ idea di cosa è davvero il Fest. E’ stata una bella esperienza e nonostante lo scetticismo iniziale ammetto di essermi divertito. E’ stato bello vedere anche tanti amici, conoscere persone valide, vedere tante ottime band e scoprirne altrettante interessanti.
Esperienza da rifare? Non lo so, di sicuro mi sento di consigliarvi di andarci almeno una volta nella vita!

Big Pre-Fest 5 – 25/26.10.2017 (Little Ybor)

Mi trovo in aereo, stanco, mezzo influenzato e mi toccano ben 10 ore d’aereo prima di rientrare in Italia. Decido che per ammazzare il tempo posso scrivere due righe sul Big Pre-Fest e sul Fest appena terminati, peccato che dopo dieci minuti con la penna in mano crollo e mi risveglio a mezz’ora dal primo scalo. Mi tocca così scriverlo durante la pausa pranzo a lavoro, cercando di essere il più sintetico possibile, il che è abbastanza difficile.

 

Il Fest è (ovviamente) un Festival che si svolge a Gainesville, Florida, organizzato da Tony della No Idea Records per la prima volta 16 anni fa; nel corso degli anni la manifestazione è cresciuta a vista d’occhio (circa 400 bands, suddivise su più locali) ampliando ulteriormente l’offerta 5 anni fa con l’aggiunta di un Pre-Fest in preparazione del grande evento di cui parlerò prossimamente.
Mi aspettavo 5 giorni di caos, delirio, file e confusione invece tutto è filato liscio.
Qualche piccolo appunto :

  • gli americani fanno sempre la fila indiana
  • puoi bere 32 PBR (birra ufficiale del doppio evento) ma non sarai mai neanche lontanamente sbronzo, avrai solo la pancia gonfia -> meglio il Fireball, vero Matt Gyver?
  • era tutto così ordinato e preciso che probabilmente una parte della città non si è accorta neanche dell’evento -> fatico a capire perchè da noi anche una partita di 3a categoria provochi disagi infiniti
  • vedere band a caso è fico
Little Ybor City

Ho fatto pochissime foto ma tanti video, sulla pagina facebook di I Buy Records li trovate quasi tutti.
Dopo le doverose premesse, vediamo un po’ come è andata.

Il Pre-Fest si svolge nei pressi di Ybor City ridente cittadina a nord-est di Tampa, con una forte percentuale di immigrati Cubani, Spagnoli e Italiani, famosa soprattutto per la produzione di sigari. Mi ritrovo così in poco tempo a chiacchierare in dialetto calabrese misto inglese con un buttafuori originario della provincia di Reggio e con una ragazza originaria di Sambiase.

I concerti si sono svolti su 4 diverse location: Crowbar, Tequila’s, The Dirty Shame e Oprheum, tutti abbastanza vicini e con capienza diversa in modo tale che “ogni band ha avuto il locale che si meritava”.

DAY 1

Off With Their Head – Foto Terribile scattata con il cellulare

Red City Radio @ The Orpheum – I primi concerti iniziano verso le 5, ma tra un bagno in piscina e l’altro la prima band che riesco a vedere sono loro. Ecco, questa è una delle band che molti amici amano ma che non mi dicono niente. Se su disco non mi sembravano proprio pessimi, dal vivo li ho trovati noiosissimi. Li noto solo per le voci a cappella alla Neri Per Caso. Ragazzi, il punk rock è altra cosa, su.

Spanish Love Songs @ The Dirty Shame – Finiti i RCR, scappo ed entro a caso in questo pub/sala biliardo per vedere un po’ questa band, non li conosco ma sono incuriosito dalla folla radunata per vederli, l’acustica lascia un po’ a desiderare ma mi avvicino lo stesso: mi sembrano abbastanza giovani e devo dire che senza dubbio sono una bella sorpresa: propongono mazzacore (ovviamente), i pezzi sono molto orecchiabili ed energici, e soprattutto si vede che si divertono e stanno facendo divertire i presenti. Bravi.

Direct Hit @ The Orpheum – Macchine da guerra. Non sono un grandissimo fan, ma questi ragazzacci hanno fatto uno show pazzesco! Il fatto che siano passati in pianta stabile in Fat Wreck è il giusto premio per una band che ha dimostrato di spaccare i culi e di meritare in pieno il successo e le attenzioni che stanno ricevendo. Suonano da veterani e con grinta da vendere.

Teenage Bottlerocket @ The Orpheum – Una delle band che mi interessava di più vedere. Visti qualche mese fa a Milano in apertura di Frank Turner, confermano di essere in ottima forma e di aver trovato un degno sostituto del compianto Brandon. Il ricordo commosso di Ray verso il gemello tragicamente scomparso è una delle scene più sincere e toccanti che ricorderò di tutto il Fest.

Off With Their Heads @ The Orpheum – Loro mi piacciono e pure tanto. L’ultima volta che li avevo visti sarà stato 6/7 anni fa allo SGA ad Arese. E’ una band che pur facendo parte del giro mazzacore ha attitudine, grinta e rabbia da gruppo punk old school. La voce graffiante e malinconica di Ryan è un pugno allo stomaco ad ogni canzone.
Durante i classici della band come Nightlife, Drive e Clear The Air scatta proprio il delirio. Degno di nota il batterista – scopro essere lo stesso degli Horrible Things – che pesta come un dannato. Ottimi e in forma strepitosa.

Against Me! @ The Orpheum – Senza dubbio gli ospiti più attesi dal pubblico. Come i Teenage Bottlerocket tra PRE-FEST e FEST suoneranno più volte e praticamente sono gli unici a non usufruire della backline ufficiale (tutta Orange, eh) per presentarsi con una montagna di Vox e Ampeg  in grado di far tremare un ponte. Non a caso, esce fuori un muro di suoni compatto e potente sotto i ritmi martellanti dettati da quel drago di Atom Willard. Laura Jane Grace & Soci spaziano lungo tutta la discografia della band e nonostante queste siano le ultime date di un tour lungo 3 mesi, si dimostrano in formissima e in alcuni tratti commoventi. Chiedete a Serena Silvakov per conferma.

DAY 2

Lillingtons Live | I Buy Records
Lillingtons Live

Western Addiction @ Crowbar – Il nostro secondo giorno del Pre-Fest inizia molto presto. Alle 3 circa siamo già al Crowbar, un posto che sa tanto di risse e pugni tra motociclisti. Sul palco ci sono i Western Addiction: li avevo visti qualche anno fa in apertura ai Lagwagon qui a Milano e confermano l’ottima impressione che mi fecero. Hardcore vecchia scuola, pochi fronzoli. Scena top del concerto: quasi a fine set il cantante, Jason Hall, sale sul bancone per fare il figo e istigare il pubblico, una volta sceso la barista tutta schifata inizia a spruzzare sgrassatore e disinfettante su tutto il balcone, imprecando come una dannata. That’s hardcore, baby!

Pkew Pkew Pkew @ Tequila’s – Non conoscevo minimamente questa band: i miei compagni di viaggio seguaci del Mazzacore me li propongono come super-band rivelazione. Considerando di avere più di un’ora di buco penso che andare al Tequila e sorseggiare un ottimo Margarita, in fondo non è una cattiva idea. Alla fine devo dire che non mi dispiacciono: certo i pezzi easy-listening e dal singalong ricercato non sono il mio pane quotidiano, ma ammetto che sono stati una piacevole sorpresa.

Pet Symmetry @ Tequila’s – Devo dire che il nome mi ha tratto in inganno. All’inizio ho pensato di aver avuto un po’ di culo di aver beccato una band vagamente ramonescore, investigando scopro invece che fanno pop-punk piuttosto mieloso al confine con l’indie. Non fanno proprio per me. Skippo alla grande e mi dirigo verso l’Orpheum.

Smoking Popes @ The Orpheum – Gli Smoking Popes sono un gruppo (o meglio una famiglia) che nel corso degli anni si è creata meritatamente una fanbase trasversale: è davvero difficile dire qualcosa di male su di loro, sarebbe difficile persino per snafu. Forse per questo pur non conoscendoli superbene, la band dei fratelli Caterer era nella mia top 5 delle band da vedere al Fest. E le aspettative non sono state deluse affatto. Gran bel concerto.

Tim Barry @ Crowbar – Ecco, qui mi cospargo il capo di cenere. Da giovanissimo Over The James e Front Porch Stories li ho consumati fino alla noia. Nel corso degli anni, son finiti un po’ nel dimenticatoio e insomma… senza mezzi giri di parole non avevo idea che Tim Barry fosse stato il cantante degli Avail.
Ok, dopo essermi umiliato pubblicamente, voglio dire che il suo show acustico è stato sicuramente il più bello visto in questi giorni in Florida. Coinvolgente ed emozionante come pochi: momento top della serata quando ha detto “Sapete qual è la decisione migliore che ho preso nella mia vita? Quando ho mollato il mio fottuto lavoro per fare questo (ndr il musicista)”. E’ scoppiato il delirio, come dargli torto?

Beach Slang @ The Orpheum – Ok. Partivo molto prevenuto ossia “Sono dei pupilli di Mazza, fanno mazzacore, quindi non possono piacermi”. Il mio approccio superficiale però si è rivelato un clamoroso boomerang; a mano a mano che lo show avanzava i pregiudizi svanivano ed era evidente che la mia opinione stava cambiando. Si, lo ammetto. I Beach Slang spaccano. E pure tanto. Ricredersi è davvero bello soprattutto quando scopri – anche se in notevole ritardo – una band così.

Banner Pilot @ Crowbar – Sinceramente mi hanno deluso molto. Non sono un fan e non mi aspettavo di cambiare idea, ammetto però che per il loro genere hanno i brani che “funzionano”; il problema è che hanno suonato davvero molto male. Essendo questa la seconda volta che li vedo e la performance è stata identica, mi chiedo se è una coincidenza oppure dal vivo non riescono proprio a rendere e dimostrare da essere un gruppo da Fat Wreck. Alla fine il pubblico era in estasi e il mio giudizio conta zero, quindi va bene così.

Against Me! @ The Orpheum – Show pressochè identico a quello del giorno 1. Niente di particolare da aggiungere a quanto già detto. Hanno spaccato come sempre, galvanizzati anche dall’aria di casa.

The Lillingtons @ Crowbar – La presenza dei Lillingtons era il motivo principale della mia partecipazione al Fest. Non che una settimana in Florida a svernare mi abbia fatto schifo ma vederli dal vivo era diventato quasi un chiodo fisso. Dopo circa 11 anni praticamente in silenzio sembra siano tornati definitivamente, pubblicando prima un 7″ e poi il chiacchieratissimo album Stella Sapiente. Si presentano sul palco forse un po’ emozionati (giustificabile) e salta subito all’occhio la presenza di Miguel dei Bottlerocket al basso. Rapido line check e si parte sulle note di Drawing Down The Star, poi Final Transmission, Codename: Peabrain e così via alternando saggiamente i pezzi dell’ultimo album ai classici della band. Degno di nota, in mezzo al pubblico e da comune mortale un Ray Rocket in formissima a pogare e divertirsi come un matto. Eroico. Finisce la serata e il nostro Pre-Fest sulle note di Lillington High.

Unico appunto: ma The Too Late Show vi fa proprio cagare? Parliamone!

Subscribe to ibuyrecords.it ’s newsletter, which will then be emailed to you.
Once you are subscribed to our newsletter, you will get the latest updates and features on the website.

The subscription is free. Please, fill out the form below.

We value and respect your privacy. Please read our Privacy Statement, which states our firm commitment to your privacy.
Your email address will not be sold or used for purposes other than subscription for the newsletter.