Cavaverman vs Lawyer Beaters vs The Cocks

Ok. Sono pigro, lo so. So anche di avere una montagna di dischi in arretrato e prima di chiudere la ‘zine per le vacanze estive vorrei mettermi la coscienza a posto e recensire tutta la roba rimasta indietro. Così, mega-post, 3 rapide recensioni in una botta, un po’ come una combo di schiaffi da parte di Bud Spencer. 

 

Cavaverman – 2014 – James Dead Again

Erano gli inizi del XXI secolo, il punk rock andava ancora forte a maggior ragione se c’avevi una bella figa come cantante. E i Viboras incarnavano questo stereotipo, poi la bella Irene si mise a fare musica con J-Ax (il passaggio a Suor Cristina è stato davvero breve!) e la band si sciolse: dalle ceneri sono nati i Cavaverman.
Premessa: non sono un fan dell’horror-punk alla Misfits, di zombie, lupi mannari ecc ecc ma la prima cosa che ho notato è il salto di qualità tra i Viboras e questa nuova band. I pezzi di James Dead Again suonano
compatti, potenti, veloci e con una buona dose di melodie supportate da ottimi coretti. Forse 14 pezzi per 45 minuti sono un po’ troppi e c’è il rischio di skippare ingiustamente qualche traccia ma pezzi come She’s a Werewolf e Zombieland riescono ad alzare il tiro. Tirando le somme, mi sento di promuovere il disco.
Dateci un ascolto, se siete fan dei Misfits del periodo Graves.

TRACKLIST:


01 – She’s A Werewolf
02 – Saw
03 – Purple Brain
04 – Walking Dead
05 – I Wanna Kill you
06 – Zombie Lover
07 – James Dean
08 – The Ring
09 – Werewolves
10 – Prince Of Darkness
11 – Zombieland
12 – I’m The One
13 – Live Or Give Up
14 – Day Of The Apocalypse


BAND:
Sal Champion – vocals, guitar
Apocalypse Giò – bass
Doktor Hell – drums

Lawyer Beaters – 2014 – Victory

Terza pubblicazione per i piacentini Lawyer Beaters. Victory è Ep autoprodotto, in free-download, con copertina semplice ma geniale… forse per voler mettere in chiaro le origini o con più probabilità  per evidenziare il più bel trionfo italiano nei Mondiali di calcio.
Ok, poi c’è Balotelli che ci fa tornare con i piedi per terra.
Comunque, viste la copertina e le info su bandcamp “We love beer, red wine, football” uno potrebbe aspettarsi un gruppo Oi! invece i ragazzi fanno pop-punk riconducibile alla nuova scuola americana, più vicini ai Menzingers & Co. che al pop-punk cazzone che piace a me. Non è un EP immediato, ma le intenzioni dei LB sono chiare già dalle prime note: chitarre arrangiate e intrecciate in maniera impeccabile e tanti coretti al posto giusto. Per i miei gusti a volte i pezzi suonano un po’ troppo malinconici, ma pezzi come Punk Rock Station o Side by Side, sicuramente aiutano ad alzare il livello complessivo dell’EP.
I ragazzi sono già a lavoro per un nuovo album, sarebbe un peccato che anche a questo giro non trovassero una label disposta a supportarli. Fatevi avanti perchè nel genere che propongono sanno sicuramente il fatto loro.

 

TRACKLIST:


01 – Between Us
02 – Another Useless Sun
03 – Robben Island
04 – Punk Rock Station
05 – Side By Side

BAND:


Pos – guitar, voice
Luke – guitar, voice
Bobby – bass
Bona – drums

 

Cocks – 2014 – The Emergency Exit

I Cocks, sono un giovane quartetto proveniente da Genova cresciuto a focaccia, Dopamines e Copyrights. Dopo un EP d’esordio pubblicato lo scorso anno, si affacciano al “grande pubblico” con The Emergency Exit che, come molti album d’esordio, ha qualche difetto ma anche tanti pregi che fanno ben sperare. Prima di tutto: ho avuto modo di conoscerli e suonarci assieme e devo dire che oltre ad essere davvero dei bravi ragazzi, sono molto molto preparati nonostante la giovane età.
In tutto questo, la cosa più importante è che sono dei ragazzi che si sbattono parecchio per tenere in vita la scena di Genova, città purtroppo molto lontana dai fasti degli anni ’90.
I 12 pezzi proposti dai Cocks, fanno ben sperare perchè ci sono molti spunti interessanti, ottime idee e buone intuizioni, oltre ad avere una buona capacità nel creare belle melodie…tuttavia dovendogli tirare le orecchie, a volte suonano un po’ acerbi – più che comprensibile – e forse manca quel “pezzone-spacca-culo-da-sing-along” che ti fa saltare dal divano e sperimentare nuove bestemmie. Pezzi come Everything’s gonna be alright e Better To Be Soiled sono quelli che mi hanno colpito maggiormente, tuttavia sono convinto che questi ragazzi possono dare di più e fare meglio: la strada intrapresa è quella giusta toccherà a loro decidere se darci ancora sotto oppure tirare i remi in barca e darsi magari all’indie.
Fate la scelta giusta, mi raccomando.. nel frattempo dategli un’ascolto.

TRACKLIST:

01 – Good time
02 – To relive again
03 – Like an asshole
04 – Shut the brain
05 – Everything’s gonna be alright
06 – Look up
07 – One minute
08 – Stupid summer song
09 – Better to be soiled
10 – The right glue
11 – The usual
12 – Fine line between smile and cry

BAND:

Anto – guitar, voice
Femi – bass, voice
Alby – guitar
Anza – drums

Biffers – 2014 – Whoa!

Uscito ormai da circa un anno per Inconsapevole Records, ecco a voi “Whoa!”, ultima fatica dei Biffers, trio livornese coi controcazzi. Abbiamo avuto il piacere di ospitarli come IBR ad una IBR Night e siamo rimasti ben impressionati da quello che i ragazzi hanno da dire.
Il disco conta 10 tracce di ottimo punk rock, suonato e soprattutto cantato davvero bene. La cosa che colpisce di più, infatti, è la voce di Darione e il grande studio fatto su cori e armonizzazioni, davvero sopra la media rispetto a quello che normalmente sentiamo…come King Mob disse a suo tempo, “con l’autotune pigiato nel culo”. A livello di suoni, il primo nome che mi viene in mente sono i primi Green Day o ancora di più i Pinhead Gunpowder: sentitevi My Records o High School Dropout e capirete cosa intendo.
Singolone, giustamente scelto dai ragazzi per il video, è Bubblegum: si rallenta un po’, gran pezzo strappamutanda e bel ritornello.
Pezzo migliore del disco, per quanto può contare la mia opinione, è Falling Down. A parte la prova vocale, il pezzo è strutturato in maniera particolare ed originale, con un gran bel ritornello.
Unica pecca, l’acustica The Trick, che spezza in due di netto il disco e che ho fatto un po’ fatica a digerire. Per il resto, gran prova. I ragazzi si stan facendo un gran culo a suonare in giro per Italia ed Europa e meritano tutte le attenzioni.
L’ultima volta che sono passati per Milano, mi hanno pure lavato i piatti. E hanno fraternizzato con la mia bobble-head di Ratzinger come nessuno aveva fatto finora. Normale come l’affetto per Dario, Tommy e Pasquale sia ai suoi massimi. Complimenti ragazzi!

 

Autore del post: Enri Gluesniffer

Hex Ray Gun – 2014 – Hex Ray Gun

Disco d’esordio per gli Hex Ray Gun, band di Napoli attiva da un annetto nata dalle ceneri di diverse band della scena punk/hc campana come Andy Fag And The Real Men, Radsters e Ultimogiro. I ragazzi ci propongono un EP diretto e senza fronzoli, dove la velocità rappresenta sicuramente il carattere distintivo della band.
In certi passaggi mi ricordano tantissimo i Sugus, in altri i Creeps altre volte un po’ i Misfits, quello che è certo è che comunque questi ragazzi sono cresciuti a pane e Ramones,  il che di sicuro è un punto a loro favore.
Legare il punk-rock con il tempo tipico dell’hardcore non è un compito semplice – il rischio di cadere nella banalità è davvero alto – ma sappiamo tutti che i napoletani sono abili a destreggiarsi anche nelle situazioni più difficili e queste 4 schegge impazzite (Obey è il mio pezzo preferito) ne sono la prova.
Sicuramente un full length è il giusto banco di prova per gli Hex Ray Gun, nel frattempo li promuoviamo a pieni voti, dategli un ascolto perchè se lo meritano. Bravi.
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TRACKLIST
01 – Bravo
02 – Obey
03 – Evil Blood
04 – Planet Invasion

BAND
Winchester Ray Gun – bass, vocals
Double P Ray Gun – drums
Macho Ray Gun  – guitar, vocals
Eugenio Maria Pacelli – guitar, vocals

The Colvins – 2014 – My Future Will Be Bad

I Colvins, sono un giovane quartetto punk-rock proveniente dalla Sardegna che mi ha contattato mille mesi fa per una recensione; non so per quale particolare motivo ma prima di ascoltare il disco mi stavano già simpatici. Sarà perchè sono nato e cresciuto in posto isolato tanto quanto Monastir e so cosa vuol dire mettersi in gioco, iniziare a suonare un genere “ostico” per le masse e predicare nel deserto. Perchè mi parlò molto bene di loro Diego Bom Prò. O magari perchè sono sotto l’ala protettrice dei Lazy Bones, uno dei migliori gruppi italiani del periodo d’oro degli anni ’90. Forse per questo, non lo so.
Dal nome della band mi sarei aspettato che My Future Will Be Bad fosse un disco ramonescore 100% invece, pur mantenendo un legame evidente verso i Fast-Four che si palesa canzone dopo canzone, i ragazzi tendono a strizzare l’occhio più verso i suoni moderni della scuola americana con accordi stoppati, chitarre incastrate con cura e voce super-grintosa. Per darvi un’idea – con le dovute proporzioni – in alcuni passaggi mi ricordano i Retarded di Goes Louder (I’m A Zombie, Very Cool per esempio).
Nonostante qualche passaggio a vuoto, comprensibile in un disco d’esordio, non mancano gli spunti d’interesse che fanno sperare a un futuro roseo per il quartetto sardo, vedi Rock’n’ Girlfriend con gli accordi tipici del miglior power-pop, Dogs and Pigs, l’omaggio a Sua Maestà con Johnny’s Not Dead e l’aggressiva I Don’t Like sono i pezzi che mi hanno convinto già al primo ascolto.
Tirando le somme, I Buy Records promuove i Colvins, dategli una chance.



TRACKLIST

01 – Intro
02 – I’m a Zombie
03 – Dogs and Pigs
04 – Very Cool
05 – Johnny’s Not Dead
06 – I’m Gonna Crazy
07 – Don’t Stop My Animal
08 – The World Is Over Here
09 – Makes Me Mad
10 – Rock’n’Girlfriend
11 – I Don’t Like
12 – Welcome Into My Game
13 – Memories

BAND
Roberto Pinna – Lead Vocals, Guitar
Andrea Ortu – Guitar Vocals
Alessandro Zanda – Bass
Alessio Schirru – Drums

Groezrock 2014 – Quello che Andrea non vi ha detto

Dopo aver guardato con invidia le migliaia di persone che nel corso delle edizioni passate mi avevano raccontato le meraviglie del festival, quest’anno prendiamo quasi last minute la decisione di unirci alla carovana di italiani in partenza destinazione Groezrock; nome caldissimo ovviamente quello degli Screeching Weasel, prima data europea in 27 anni di carriera, uno in più di me. Tenendo conto però del cartellone ricco di band assolutamente da vedere, prendiamo il biglietto per entrambi i giorni e ci mettiamo in macchina alla volta del Belgio. Squadra composta da me (Enri), LaMarty (la ragazza che mi sopporta da cinque anni), Fra Gluesniffer(grande amico e compagno di band dal 2008) e il Mino, uno dei miei migliori amici ormai da quasi dieci anni.

Il viaggio è lunghissimo, 9 ore e mezza; incrociamo in Svizzera la macchina composta da Andre, Ame, Lu e Palmina, che ha giurato e spergiurato che Saarbrucken fosse ad un paio di isolati da dove ci trovavamo in quel momento. Ci siamo passati pure noi, ma circa 7 ore dopo.

Alle 2 di notte siamo in albergo, giusto per incontrare uno degli attendenti del festival che, ubriaco a merda, chiede alla receptionist quale sia la sua camera.

GIORNO 1

Sveglia presto, colazione abbondante e via verso il festival. La vera incognita è “che tempo farà?”. Nella mia dabbenaggine in valigia avevo pure dei pantaloni corti…in realtà la temperatura si attesterà circa sui 13 gradi di media durante tutto il festival, se non meno, e girerò costantemente con due giacche.

Incontriamo i primi volti noti e si entra. Alle 12 in punto, prima band, gli svizzeri Astpai. Nonostante l’orario, che qua in Italia non mancheremmo di definire infame, c’è già parecchia gente a vederli e direi che fanno la loro porca figura. Il batterista tiene i crash ad un’altezza vertiginosa e la cosa mi infastidisce alla vista, ma in generale bel concerto. Sui 4 palchi si alternano diverse band senza soste.

Mi perdo nell’ordine Atlas Losing Grip, Gameface e buona parte dei Bodyjar, ma mi sposto sotto l’Etnies stage (il palco dedicato alle band “minori”) per i Red City Radio. Prima bomba della giornata: ci saranno almeno 2000 persone sotto il tendone, singalong a manetta, stage diving continuo e una band che di sicuro dal vivo ci sa fare e spacca il culo.

Già in apertura con Two notes shy of an octave, brividi. Il top arriva con Two for flinching, con un singalong da brividi. Il gruppo è quasi incredulo e si concede una selfie con il pubblico alle spalle a fine show.

Tempo di una birra e prendo posto sotto al main stage per due delle band che aspettavo con più ansia: Menzingers e Lawrence Arms.

I primi hanno da poco fatto uscire un disco, Rented World che non mi ha entusiasmato (o non ancora, per lo meno), ma On the impossible past rimane un capolavoro. Dal vivo li adoro, per quanto i pezzi possano essere lenti e puliti, c’è una rabbia e una forza della disperazione di fondo che trovo difficile da spiegare, ma mi esalta. Alternano pezzi dell’ultimo lavoro (I don’t wanna be an asshole anymore e In remission) a pezzi più vecchi (Deep sleep, I was born…).

Il tendone si riempie pian piano e impazzisce sui pezzi del penultimo album. Chiudono con Obituarie se a quel punto io inizio seriamente ad essere emozionato. Dopo di loro, infatti, suoneranno i Lawrence Arms, la mia band preferita. È la prima volta che li vedo dal vivo e ho un senso di curiosità addosso che mi fa sentire un quindicenne.

Mi prendo già bene quando salgono a fare il check. All’orario prestabilito parte Party in the USA di Miley Cyrus come intro e la band fa il suo ingresso sul palco. Aprono con Chilean district, dall’ultimo album Metropole, poi infilano una sequenza di pezzoni tratti principalmente da Oh Calcutta! (Great Lakes, Recovering the opposable thumb, Cut it up).

I suoni, stranamente data la qualità dei live precedenti, sono pessimi e il concerto non fila via proprio liscissimo, c’è qualche inconveniente tecnico e la cosa non è particolarmente gradevole, ma finisco per sbattermene il cazzo. Un paio di pezzi dal disco nuovo (Beautiful things su tutte, capolavoro) e chiudono con Are you there Margareth? It’s me God. Sticazzi.

Rimane un po’ di amaro in bocca per i suoni, ma finisce il concerto e fosse per me suonerebbero ancora mezz’ora minimo, suoni di merda compresi. Tanti scappano a vedere gli Iron Chic, io mi prendo una pausa e faccio un giro al merch, dove riesco a scambiare due parole e fare qualche foto con i Lawrence Arms. Ci concediamo qualche birra e siamo di nuovo sotto il tendone per gli Alkaline Trio. I suoni sono tornati ad essere ottimi e il concerto è una figata. Una buona alternanza di pezzi vecchi e nuovi, Hell yes, Stupid kid, Every thug needs a lady, Time to waste…chiudono con Radio e quasi piango. Grandi.

Dopo di loro si va a pisciare a turno per tenersi il posto sotto al palco per i Descendents.

Atteggiamento da veri italioti, dato che il resto della gente fa la spola tranquillamente tra un alco e l’altro, ma tant’è; pure loro salgono sul palco in anticipo, a fare il soundcheck, ed è stato abbastanza strano vedere come un gruppo ai loro livelli non sia circondato da roadie e guitar tech e cazzi vari. Tempo mezz’ora e i Descendents sono sul palco, vecchissimi ma in forma smagliante. Aprono con Everything sucks e Hope in rapida sequenza, poi anche in questo caso si pesca un po’ da tutte le uscite. Il pubblico è scatenato ma chi si diverte davvero, in maniera genuina, è la band stessa. 4 amici che si ritrovano sul palco per l’ennesima volta in 32 anni e hanno ancora voglia di spaccare tutto. Fanno Silly girl, Nothing with you, Kabuki girl, Thank you.

Manca solo We per raggiungere la perfezione, ma ci accontentiamo. Fino a questo momento, e lo rimarrà dopo la delusione NOFX (spoiler!), miglior live della giornata.

A questo punto ceniamo vegan e iniziamo ad accusare viaggio e giornata. Cerchiamo un posto a sedere mentre l’area inizia pericolosamente a ricordare alcune zone di Corsico, in termini di degrado, ma con più ubriachi. Beviamo qualche birra pure noi insieme alla crew trentina per non sentirci fuori luogo e ci prepariamo a vedere i NOFX.

Per il ventennale di Punk in drublic, la band dovrebbe eseguirlo tutto, cosa che farà, ma alternando i pezzi, in ordine casuale, con i soliti interminabili monologhi che, vuoi la stanchezza, vuoi il pienone mai visto e vuoi anche che ormai sarà la decima volta che li vedo, iniziano a rompermi i coglioni da morire.

Abbandono il tendone a metà show e me li sento da fuori. Il commento migliore per il concerto me lo regala Fra alla fine: “Stasera non c’avevano voglia.” e, data la performance con qualche stop e inizi dei pezzi zoppicanti, non c’è riassunto migliore. Chiudono con la cover di Tony Sly. Ci mettiamo in coda e usciamo, per le 2 siamo a letto che domani si ricomincia.

GIORNO 2

Sveglia un po’ più tarda del giorno precedente, solita colazione da turista (piatto pieno e più giri al banco per ammortizzare i prezzi) e ci si rimette in macchina. Tardiamo un po’ e perdiamo i primi dieci minuti dei Get Dead, una delle ultime uscite Fat Wreck. Un po’ Clash, uno po’ Dropkick Murphys e sono abbastanza divertenti, ma tenendo conto che li vedrò in Italia a breve mi sposto sotto l’Etnies Stage per vedere i Priceduifkes.

Rimango a bocca aperta nel vedere che il tendone è pieno zeppo, non riesco nemmeno ad entrare praticamente. Sotto il palco la gente si ammazza, stage diving e salti mortali. Sorrido perchè penso ai loro concerti che ho organizzato io, al Blue Rose davanti a 50 persone quando è andata bene.

Loro, come sempre, sparano un concerto fenomenale e si meritano tutto questo. A breve saranno in tour in America con Direct Hit! e Masked Intruder, mica pizza e fichi. Corro di nuovo al Main per gli Elway. Aprono con Whispers in a shot glass, preannunciata dalla strofa di Colorado, poi procedono pescando qua e là tra Leavetaking e l’album precedente. Bel concerto e simpatici loro, in particolare il cantante che, quasi intimidito, dice “questo è di gran lunga il palco più grande in cui abbiamo mai suonato”. Tra parentesi, a parte i 35 minuti trascorsi sul palco, passeranno gran parte delle due giornate ad ubriacarsi al proprio banchetto del merch, dove il cantante improvviserà anche un live acustico (e la sera dopo spaccherà, per qualche motivo, una bottiglia di vino dentro una delle sue scarpe).

Decidiamo di pranzare subito dopo, perdendoci Smith Street Band e Fabulous Disaster. Alle 15 siamo però di nuovo al Main, pronti per il live dei Casualties, al quale arrivo con un po’ di curiosità ma anche parecchia sufficienza, non aspettandomi granchè. Sticazzi, mi sono dovuto ricredere. Dopo Descendents e Weasel (spoiler #2), il terzo miglior live dei due giorni. Loro suonano da Dio, hanno un tiro eccezionale e Jorge, per quanto non faccia delle doti canore il suo stile di vita, ha un carisma unico.

Su Punk rock love mi stava sfuggendo qualche lacrima, giuro. Finale davvero da brividi sulla schiena: super singalong su We are all we have, la band suona l’ultimo accordo e se ne va; il pubblico inizia a sfollare e ad un certo punto l’intero tendone (ad occhio e croce non meno di 5000 persone) riparte in coro “Whoooooo, we are all we have tonite!Whooo….”.

Non voglio essere retorico, ma un coro così significa molto di più di quanto non sembri, in una cornice del genere.

Subito dopo il Main Stage accoglie i punx locali Funeral Dress, altra vecchia conoscenza dei patiti di street punk. Non me li voglio perdere e prendo posto. Aprono con il tema di Die Hards, poi avanti con anthemoni tipo The pogo never stops e altri. Momento clou sono gli ultimi dieci minuti di concerto: il cantante fomenta il pubblico intonando il ritornello “party on, party on, party on” e l’intero tendone risponde con un singalong pazzesco; citando un adagio tanto caro agli over 35, solo chi c’era può capire. Live divertentissimo, non ai livelli dei Casualties ma più che dignitoso.

Faccio un giro al merch delle band e compro un comodissimo koozie degli Elway, per cui verrò deriso fino a quando non inizierà a fare veramente freddo e a quel punto mi vendico di tutte le angherie subite reggendo tranquillamente numerose birre senza perdere l’uso delle dita. L’operazione e le successive birre mi portano a rinunciare agli Snuff. Gli All invece non mi hanno mai fatto impazzire, però iniziamo a posizionarci sotto il palco in vista degli SW. Il loro live è una mattonata sul cazzo, nel vero senso della parola. alvo solo Carry you e She’s my ex, per il resto resisto solo per tenermi il posto in transenna.

Screeching Weasel time! In prima fila si parla praticamente solo italiano con diversi accenti; faccio partire qualche coro simpa tipo “dai Ben Weasel tiraci un cartone” “dai Ben Weasel picchiami LaMarty” e soprattutto “Fabio Poma dov’è?” (Fabio si è perso il concerto dei Weasel perchè dormiva…). Viene issato lo striscione del Bucchio e iniziamo a pensare che, forse, sta per succedere veramente. In effetti Ben Weasel fa il suo ingresso e impazziamo un po’ tutti. Apre con I’m gonna strangle you, prosegue con Slogans e Queen Kong. La scaletta ormai si sa a memoria, io di memoria ne ho poca e mi limito a riportare qualche pezzone in ordine sparso: Guest list, My brain hurts, Cindy’s on methadone, Veronica Hates me, Hey Suburbia, My right, Dingbat.

Il tutto completato da una marchettona Ben Weasel style della Monster Energy Drink (sponsor ufficiale del festival), che a quanto pare favorirebbe la ricrescita dei capelli e lo sviluppo dei testicoli, nonché da un lungo discorso sulla scena punk rock (mi ha fatto morire la dedica “a tutti i ragazzi e a tutte le band di Fat Wreck Chords”) prima della conclusiva Cool kids.

Un live della madonna, tirato e con poche pause. Ci ha già informati, gentilmente, che a meno di essere strapagato non tornerà in questa costosa terra di ciclisti per cui, se ve lo siete persi, fatevi dare 100 lire e andate in America perchè sarà pure uno stronzo, ma è uno stronzo che ne sa a pacchi.

Per tanti il festival finisce qui. Sul Main Stage si succedono New Found Glory che non mi sono mai piaciuti e gli Hives, di cui vedo solo pochi minuti; anche loro non sono ai stati in cima alla mia playlist e passo. Chi non mi voglio perdere, anche solo per curiosità, sono gli Offspring.

Anche loro festeggiano un ventennale, quello di Smash. Rispetto ai NOFX, però, mostrano di “avere voglia” e fanno un concerto divertentissimo. Suonano tutto Smash in maniera impeccabile (l’impressione generale è che tutto fosse troppo perfetto per essere completamente vero, ma tant’è…) e chiudono la prima parte con Self esteem.

Parentesi: da anni gli Offspring non mi hanno più entusiasmato per nulla, anzi. Ma Smash è qualcosa in più di un album per quanto mi riguarda; anno 1999, scambio di cassette pirata per posta con un amico del mare, Samuele. Un giorno, nella busta imbottita trovo Smash e, nei mesi successivi, la consumo letteralmente. A distanza di 15 anni, ricordavo ancora praticamente tutti i pezzi a memoria. Più che un concerto, un salto indietro nel tempo. Pausa con Intermission in sottofondo, dopodichè altri venti minuti con una sequela di singoli dal 1997 ad oggi, a partire da All I want fino ad arrivare alle più recenti Pretty fly e Why don’t you get a job?.

Chiudono con The kids aren’t alright,se non vado errato. Paura.

All’1.30 circa ci concediamo un’ultima birra e salutiamo il Groezrock con parecchia malinconia.

Ringrazio davvero tutti gli amici incontrati durante i due giorni di festival. Sapete chi siete, dalla Toscana a Trento, da Milano a Rotterdam. We are all we have tonite.

 

di Enri Gluesniffer

3 Shots For Easter

La domenica di Pasqua, per quanto mi riguarda, è storicamente una domenica normale, ma senza partite. Approfittando quindi del tempo, faccio il mio esordio su IBR con una tripla recensione di dischi che hanno monopolizzato i miei ascolti nelle ultime settimane, in ordine di gradimento.
Lawrence Arms – 2014 – Metropole
 
 
Torna, dopo ormai quasi sette anni dal meraviglioso Oh, Calcutta!, una delle mie band preferite di sempre. Ho atteso l’uscita con particolare ansia, e non nascondo di essermi trovato un po’ interdetto di fronte al primo singolo You are here, che non mi ha entusiasmato particolarmente. L’ascolto del disco per intero è stata una liberazione; come in passato, i miei preferiti rimangono i pezzi cantati da Brendan Kelly, più urlati e truci sia musicalmente che a livello di liriche. Si va da pezzi che trasudano disagio urbano come Chilean District o Paradise Shitty a poesie come Seventeener. Il tutto secondo un unico filo conduttore, ovvero la crescita (e/o l’invecchiamento, vedete voi), raccontando storie sulla propria città (Chicago) e su luoghi in perenne cambiamento.
La palma d’oro del pezzo migliore, ed è strano tenendo conto dei miei gusti relativamente ai TLA, la vince Beautiful Things, cantata da Chris. Un disco profondo ed emozionante, c’è poco altro da aggiungere.
Unica pecca: il booklet è come al solito farcito di citazioni letterarie, una per ogni pezzo…rispetto ai dischi precedenti, però, mancano completamente i riferimenti rispetto a dove siano state tratte. Ma questa è una perversione mia e li perdono.
Zatopeks – 2013 – About bloody time
Secondo nella mia classifica per mezzo punto. Nelle pause che mi sono concesso da Metropole ho consumato il nuovo disco degli Zatopeks, ormai da anni divisi tra Londra e Berlino. Uscito per la It’s Alive, About bloody time è il disco che ti aspetti dagli Zatopeks. Punk rock alla Ramones, echi di rock’n’roll anni ’50, ballatone. Il tutto nello stile poetico a cui ci hanno abituati i cinque inglesi con i dischi precedenti. Si parte da One Evening e Alert!, classici pezzoni in quattro quarti; quest’ultima impreziosita da strofe parlate e declamate dal megafono. Si procede tra accelerate improvvise (Politics, Neu-Isenburg) e ballads quasi commoventi (Acetate).
Aggiungeteci che live sono divertentissimi e sono dei ragazzi d’oro. Questo per quanto mi riguarda è sufficiente. Bentornati Zatopek Boys!
The Menzingers – 2014 – Rented World
Mmm…aspettative troppo alte dopo On the impossible past e il nuovo singolo In remission rendono Enri un po’ perplesso. Il disco è oggettivamente bello, ma la sterzata verso terreni meno aggressivi è evidente. Poche urla, poche sfuriate, un disco molto più indie nel senso un po’ pallosino del termine rispetto al precedente. I pezzi belli ci sono (Where your heartache exists e la stessa In remission sono delle bombe), per il resto mi viene a mancare un po’ quella sensazione disperata e lancinante che mi aveva lasciato On the impossible past. Peccato, ma li aspetto comunque al Groezrock!

Lawrence Arms – Metropole  

TRACKLIST:
01 – Chilean District
02 – You Are Here
03 – Hickey Avenue
04 – Seventeener (17th and 34th)
05 – Beautiful Things
06 – Acheron River
07 – Metropole
08 – Drunk Tweets
09 – The YMCA Down the Street from the Clinic
10 – Never Fade Away
11 – Paradise Shitty
12 – October Blood

BAND:
Brendan Kelly – Vocals, Bass
Chris McCaughan – Vocals, Guitar
Neil Hennessy – Drummer

Zatopeks – About Bloody Time

TRACKLIST:


01 – One Evening
02 – Alert!
03 – The Romance Of A Bus Stop In The Rain
04 – Politics
05 – Acetate
06 – Neu-Isenburg
07 – Wait For The Fall
08 – Chequerboard
09 – Exile Blues
10 – Baltic Moon
11 – Mechanised
12 – Life Is Elsewhere

BAND:
Will DeNiro – vocals
Sebby Zatopek – guitar
Pete Sematary – drums
Sammie the Giant – bass, vocals
Spider – guitar, vocals

The Menzingers – Rented World

TRACKLIST:
01 – I Don’t Wanna Be An Asshole Anymore
02 – Bad Things
03 – Rodent
04 – Where Your Heartache Exists
05 – My Friend Kyle
06 – Transient Love
07 – The Talk
08 – Nothing Feels Good Anymore
09 – Hearts Unknown
10 – In Remission
11 – Sentimental Physics
12 – When You Died

BAND:
Greg Barnett – Guitar/Vocals
Tom May – Guitar/Vocals
Eric Keen – Bass
Joe Godino – Drums

di Enri Gluesniffer

Dee Cracks – 2014 – Beyond Medication

Tornano i miei austriaci preferiti, e lo fanno in grande stile.
Dee Cracks ci avevano lasciato nel 2013 con un fantastico 7”, Call It A Day – che ho letteralmente consumato – e si catapultano nel 2014 con un nuovo album Beyond Medication che è clamorosamente bello. Reso disponibile in streaming il mese scorso, il disco è stato ufficialmente pubblicato il 1° Aprile; al momento disponibile solo il CD e in cassetta, a fine mese vedrà la luce anche il vinile, 500 copie di cui 100 in edizione limitata metà nero, metà bianco.
Matt e Mike (purtroppo Manu da qualche mese ha lasciato la band) hanno trovato il supporto di ben tre etichette: ovviamente la Monster Zero (LP/CD/MC) che segue e supporta i ragazzi sin dagli inizi, la nipponica Dumb Records (CD) e infine l’austriaca Turbo Tapes (MC). Registrazione, mix e master sono stati realizzati, come sempre, da Marco Perdacher al DESSS Records di Klagenfurt.
Aspettavo con ansia questo disco ed ero davvero curioso di ascoltare cosa avrebbero proposto i ragazzi, mi aspettavo il salto di qualità, e devo dire che c’è stato. I ragazzi hanno ripreso il percorso intrapreso con Attention! Deficit Disorder e le intenzioni sono state chiare sin dalla presentazione del 7” apri-pista, Adderall ( farmaco per “curare” proprio il deficit disorder). La formula è rimasta la stessa: il vocione di Matt che ricorda mille sigarette e litri di whisky, i coretti poppettosi di Mike e Manu, melodie degne del miglior power-pop, tastierine al momento giusto, e schitarrate potenti come un pugno in mezzo i denti. Ma quindi qual è il passo in avanti?
Beh secondo il mio modesto parere, l’album rispetto al precedente suona più maturo, i brani sono più compatti e sono terribilmente fichi, dal primo all’ultimo. Dopo il primo ascolto, già ricordavo parecchi ritornelli (parola di uno smemorato).. e se ascoltare tutti i giorni un album con ben 15 pezzi (nella versione digitale c’è anche la cover di Juliet)  non mi stanca, è segno che questo disco resterà a lungo sul mio giradischi.
Todo El Mundo Está Enamorado intro surfeggiante secondo tradizione Queers, Dead End Mission (sai che bomba dal vivo? finger pointing d’obbligo), Charité Forever, Adderall, Don’t Rely On Me (il mio pezzo preferito!), Nothing Matters, No Way Back (super-bomba!), Please Hold On, Stroll The Streets sono i miei pezzi preferiti. Si, lo so..sono praticamente tutti. Metterei anche Summer’s Gone tra i pezzi più belli, ma l’estate deve ancora arrivare e al momento non ho voglia di pensare alla nostalgia delle birrette in riva al mare.
Insomma, è presto per dire se è il miglior disco del 2014, ma Beyond Medication mi ha davvero entusiasmato e non ho dubbi che finirà sul mio personalissimo podio.
A Maggio saranno in Italia con i Capitalist Kids, segnatevi il 15 Maggio. Super Evento. I Buy Records Night #2.

TRACKLIST:
SIDE A
01 – Todo El Mundo Está Enamorado
02 – Dead End Mission
03 – Terminal Deadness
04 – Charité Forever
05 – Let’s Get Locked Away
06 – Down Out And Low
07 – Adderall
08 – Don’t Rely On Me
SIDE B
09 – Nothing Matters
10 – Move On
11 – No Way Back
12 – Please Hold On
13 – Crazy Girl
14 – Summer’s Gone
15 – Stroll The Streets
16 – Juliet (Bonus Track for Digital Download)

BAND:
Matt C. – vocals/guitars
Mike C. – drums/vocals
Manu C. – bass/vocals

CREDITS:
All songs written and arranged by DeeCRACKS
Recorded, mixed and mastered by Marco Perdacher at DESSS Records in Klagenfurt, Austria
Guest 1-2-3-4 on track 1 by Jarvis Fugger (4 years old – Kid from DeeCracks’ Monkey Boy – Video)
Guest vocals on track 14 by Connie Dee – recorded by Marco Perdacher at his bedroom
Additional Farfisa by Lightnin Iris (The Incredible Staggers) recorded by Shakin Matthews (The Incredible Staggers / Sado-Maso Guitar Club) at 120dB Record Studio in Graz, Austria
Bonus track Juliet written by Robin & Maurice Gibb
All artwork by Steve Little Fingers from Screen Addicts
Studio Photos by Ingo KarnicnikScreen Addicts
Live Photos by Dieter Fliety DeJonghe

AA. VV. – 2014 – La Massoneria Ramonica E I Suoi Adepti Vol.1

 
Si torna a parlare su I Buy Records di musica Made In Italy e questa volta parliamo di uno split prodotto dalla Monkeyrite Records, alla seconda uscita ufficiale (CD, 150 copie), che raccoglie 12 pezzi, 3 per ogni band presente, in questa che si preannuncia essere serie per band e fan lobotomizzati dai Ramones.
Andiamo al dunque. Della Massoneria Ramonica ne abbiamo già parlato abbondantemente nel precedente post: i ragazzi hanno i Ramones nel cuore e questi pezzi non fanno altro che confermarlo. Tutti e tre i brani sono stra-belli (sul perchè… vi rimando qui) ma Marky Ramone IceCream, già solo per il titolo, merita il premio di pezzo dell’anno! Voci di corridoio dicono che per la prossima release ci sarà un pezzo sulle polpette di Marky…nel frattempo mi godo questi pezzi e aspetto con ansia il prossimo lavoro!
Finite le prime 3 tracce è il turno dei Drawing Dead. Due pezzi inediti e una cover di Bram Tchaikovsky di Riverdalesiana memoria. Band vista diverse volte dal vivo, anche qui mi confermano la buona impressione avuta: i pezzi nuovi sono interessanti e quando canta Robi – Sarah Smiles – è ovviamente tutt’altra storia: secondo il mio modesto parere è questa la strada che dovrebbero seguire.
Siamo a metà del disco ed è il turno dei “debuttanti” Thirtysevens che mi hanno decisamente colpito. Di questa band non conoscevo proprio nulla, salvo scoprire dopo una lunga estenuante caccia al gossip che di mezzo c’è gente dei Proton Packs. Chiariamo subito: ovviamente non c’è niente di nuovo (ma a chi importa?) ma il sound proposto che rispolvera le chitarre, la voce graffiante e i coretti degli Screeching Weasel periodo Wiggle non fa altro che meritare un repeat ossessivo per ogni brano. Tutti le canzoni sono davvero fighe, ma merita una menzione speciale Time Travel Equation. Hanno suonato un paio di volte dalle mie parti e me li sono persi, merito quindi un paio di frustate… spero di rimediare al più presto. Ottimo lavoro ragazzi!
A chiudere ci pensa Agent Pazz, ennesima one man band trattata tra queste pagine. Ho avuto modo di apprezzare la bravura di questo ragazzo un paio di volte dal vivo e nello split dello scorso anno con i Tough: anche questi pezzi confermano le ottime impressioni avute. Tre ottimi brani melodici e poppettosi al punto giusto a voler dimostrare che forse, a volte, si lavora molto molto meglio da soli. Hurricane Jane con quelle tastierine così catchy – strumento che normalmente detesto nel punk rock – mi è entrata in testa al primo ascolto. Pollice in su per Agent Pazz!
Tirando le somme, ancora un plauso per la Monkeyrite Records per aver prodotto un bel CD, compratelo e sostenete questa giovane realtà che si sta dando da fare nel territorio italiano!

TRACKLIST:
01 – The La Massoneria Ramonica – Ramones Saved My Life!
02 – The La Massoneria Ramonica – Marky Ramone IceCream
03 – The La Massoneria Ramonica – Rubik’s Cube
04 – Drawing Dead – Only A Lie
05 – Drawing Dead – Sarah Smiles (Bram Tchaikovsky cover)
06 – Drawing Dead – Feel Alright
07 – The Thirtysevens – Agent 13 Is Dead
08 – The Thirtysevens – Two Times Table
09 – The Thirtysevens – Time Travel Equation
10 – Agent Pazz – Friendzoned Again
11 – Agent Pazz – Hurricane Jane
12 – Agent Pazz – Falling Into Disgrace

BANDS:
The La Massoneria Ramonica
JC-Atom : voice, guitar
the IceCreamMan: voice, bass
Polle: guitar
Boss : drums
Special guest: Chris Polecat, voice

Drawing Dead
Robi Tuono: guitar, voice
Dave: Bass, voice
Lollo: guitar,  backing vocals
King Mob: drums

The Thirtysevens
Paolo “Fonne” : voice
Adriano “Cecche” : guitar, backing vocals
Marco “Marky” : guitar
Federico “Fro”: bass, backing vocals
Fabio “Bara” : drums

Agent Pazz
Agent Pazz: play everything

The La Massoneria Ramonica – 2014 – Formula 37

Nati attorno al blog Massoneria Ramonica – sicuramente il più divertente/odiato in circolazione – il maestro venerabile JC-Atom circondato da adepti ossessionati dai Ramones ha messo su una band basandosi su un semplice motto: Fare Cagare è OK, oramai un tormentone da queste parti. Altra particolarità è che pur avendo un’ossatura definita è una band senza una formazione fissa del tipo che ci suona chi vuole purché reputato un degno massone. Insomma, qualcosa che va senza dubbio controcorrente ai canoni attuali più o meno esternati da ogni band; volendo azzardare un’ interpretazione della Formula 37 dei The La Massoneria Ramonica direi che, nel giusto contesto e con le dovute proporzioni, sarebbe come se i Ramones privi di qualsiasi talento possedessero il concetto di band dei Crass con l’obiettivo di truffare tutti come i Sex Pistols. Insomma tutte idee che fanno a schiaffi tra loro…ma il bello in fondo è proprio questo e se si afferra l’idea dietro tutta la Massoneria è più facile farsi una risata che montare su polemiche infinite sul web. Effettivamente Il confine tra un’ottima operazione mediatica supportata dal blog e goliardia/genialità può sembrare davvero sottile ma questi ragazzi mi hanno colpito, cazzo. Vogliono divertirsi senza prendersi troppo sul serio e basta. Ci vuole tanto a capirlo? C’è ancora qualcuno che pensa di poter far soldi con il punk rock? Punk Rock Star? Sei fuori!
La Monkeyrite Records, nata da una costola della Bad Man Records, ha deciso quindi di dargli una chance e supportare l’esordio su 7” dei The La Massoneria Ramonica, pubblicando giusto qualche giorno fa Formula 37 in edizione stra-limitata per sole 150 copie (se non hai colto la citazione sul titolo sei di nuovo fuori).
Già dal primo ascolto è facile notare le influenze della band: Ramones (ovviamente) e Riverdales su tutti ma anche un po’ di Screeching Weasel con le voci sgraziate dell’IceCreamMan e di JC-Atom che spesso si alternano tra i pezzi. Scusatemi se è poco. Nelle tracce di apertura di entrambi i lati figura come massone ospite Chris Polecat dei Tough; citando Jc-Atom potrei dire che questi due pezzi suonano come “i Tough se Stefanino avesse il Parkinson e Il Biso avesse una paresi alla parte destra del cervello…” ma sinceramente vedo oltre. Noto ottime melodie, velocità, pezzi semplici ma fighi, zero assoli e una buona dose di sana ignoranza: insomma quello che piace a me. Ascoltate Half Retarded oppure Little Boy From Berlin – i pezzi che mi sono piaciuti di più di Formula 37 – e capirete cosa voglio dire.
Insomma, se non siete permalosi, avete voglia di avere un bel 7” e soprattutto sostenere una nuova label, contattate la Monkeyrite Records oppure passate a prendervi una birra al Devil’s Den e chiedete anche questo dischetto. Altrimenti tornate a trollare sul blog della Massoneria, almeno possiamo farci due risate.

TRACKLIST:
SIDE A
01 – Little boy from Berlin (feat Chris Polecat)
02 – Half retarded
SIDE B
03 – I believe you can love me (feat Chris Polecat)
04 – Not innocuos
05 – 37



BAND:
JC-Atom : voice, guitar
the IceCreamMan: voice, bass
Polle: guitar
Boss : drums

Special guest: Chris Polecat, voice

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