Intervista a Riccardo Bucchioni

Periodo di interviste. Anche questa volta il nostro ospite viene da Las*Pezia. Ma questa volta non è un musicista, ma è un nerd, un vero nerd. Amante dei fumetti, collezionista e autore di toys, autore dei poster e delle copertine di dischi più fighe uscite negli ultimi anni, un punk rocker. 
Signore e signori ecco Riccardo Bucchioni, one of us.

[ANDREA] – Facciamo finta di non sapere
chi sei e cosa fai. Chi è Riccardo Bucchioni? Per favore, sfatiamo il mito che
in Italia non si può vivere di sola arte!

[RICCARDO] – Innanzitutto ciao a tutti!
Sono un povero nerd (ma quelli anni ’80 eh, no quelli finti odierni che si
mettono le magliette “da sfigati” finte perché fa figo) cresciuto con il sogno
di fare il fumettaro, tra un film e l’altro tra un fumetto e l’altro e sempre
spinto dalla curiosità di imparare/conoscere/sperimentare cose nuove.
Alla fine il fumettaro non sono riuscito a farlo, ma ho trovato altre valvole
di sfogo per la mia insanità mentale. Purtroppo non sfato il mito che in Italia
non si possa vivere di sola “arte”. Poi io non faccio arte, faccio delle cose e
basta. E in Italia non si può vivere di sole cose.
Al “lavoro artistico” se così vogliamo chiamarlo, affianco pure quello di
barista, con alti e bassi da un bel po’ di anni ormai. Sempre di notte. Morirò
come Bela Lugosi, ma invece che convinto di essere un vampiro, convinto di
essere uno che faceva delle cose.
[A] – Leggendo la tua biografia ho
letto che hai frequentato una scuola per fumettisti; quanto questa esperienza
ti ha formato come artista?
[R] – Sì ho frequentato una scuola di fumetto subito dopo aver terminato il
servizio civile, durava tre anni ma era una scuola di fumetto un po’ “sui
generis” , con sì la promessa di poter un domani entrare nel mondo del fumetto,
ma che per dire non rilasciava nessun attestato o cose così, lontanissima dalle
scuole professionali che puoi trovare a Milano o Firenze per dire, ma  a parte che era l’unica che potessi
permettermi all’epoca, mi aveva fatto una buona impressione al primo colloquio.
C’era molta componente DIY, cioè si ti instradavano, ti insegnavano robe, ma di  base dovevi fare un sacco di ricerche per conto tuo e tanto, tanto allenamento. A livello artistico sicuramente mi ha insegnato molto per quanto riguarda il  “bilanciare” un’immagine, “posare” le figure e anche un po’ di tecnica  matita/china che non guasta mai.
Sicuramente a livello tecnico mi ha dato una mano, anche se mi criticavano  sempre per i difetti che poi ho proseguito ad usare negli anni, le teste  grosse, le deformazioni anatomiche etc.
Finita la scuola e non avendo possibilità lavorative in quel campo, mi sono
preso un anno in cui ho lavorato su un book di illustrazioni “pittoriche” di
supereroi e l’ho presentato a Lucca Comics all’art director di Marvel Italia.
Mi bocciò l’80% delle robe e da lì decisi di disegnare solo cose più personali  e non voler più provare a lavorare nel fumetto. Alla fine forse è stato meglio  così.
[A] – Come nascono i tuoi lavori?  Lavori seguendo l’ispirazione o solo su commissione?

[R] – Se devo fare un lavoro su commissione, per una band, un locale, o comunque
non un progetto personale, chiedo sempre delle direttive su cui lavorare,
un’idea, una traccia da seguire o anche solo che colori vorrebbero che usassi e  cose così, diciamo qualunque cosa che possa aiutarmi a fare felice il  committente alla fine del lavoro. Spesso mi dicono “vogliamo questa cosa ma  falla come vuoi tu” che alla fine è un po’ più divertente perché puoi sviluppare idee più personali anche su un progetto per altri. Per quanto  riguarda i lavori più personali, di solito tutto nasce un po’ per caso, mi vengono queste idee nei momenti e nelle situazioni più disparate e mi metto a lavorarci su cercando di fare più o meno quello che ho in mente. Alla fine il risultato è sempre molto distante da come mi era balzato in mente all’inizio perché durante lo sviluppo mi vengono in mente mille altre cose e quindi modifico in continuo. Appena finito già non mi piace più e penso già a quello che verrà dopo.

 

[A] – Atom Plastic e Art Toys. Come è nata la collaborazione?
Sei soddisfatto di come stanno andando le cose? Novità all’orizzonte?
[R] – Conoscevo Atom Plastic già da qualche anno, da quando mi sono avvicinato al mondo degli art toys, da collezionista e customizzatore ero e sono un loro “cliente”. Poi l’anno scorso ho avuto la fortuna di vedere alcuni miei design prodotti e distribuiti da un nuovo brand che stava per lanciarsi nel mondo degli art toys, l’ inglese Dudebox.

E’ stato un progetto lungo, ci ho lavorato per mesi e mesi, ma poi la  soddisfazione di quando ti arriva la scatola con il tuo nome sopra, il tuo  design, andare al “launch party” a Londra e vedere la gente che si compra il “tuo” toy ti ripaga di tutto, anche di un’estate chiuso in casa a disegnare.
Atom Plastic è il distributore italiano di Dudebox e quando ha saputo di questa
mia collaborazione con loro, sono stato contattato da Piero, la mente di Atom Plastic, per arruolarmi con loro alle varie convention per presentare i toys e  disegnare o dipingere dal vivo.
Ci siamo trovati subito in sintonia e poi mi hanno realizzato il sogno di passare “dall’altra parte” a mostre tipo Lucca Comics che ho sempre
frequentato come fan/nerd/collezionista, e sono stato loro ospite anche al
Treviso Comic Book Festival che è una manifestazione superfiga e con un sacco  di gente in gamba, dove ho avuto anche la fortuna e l’onore di dipingere con  Rufus Dayglo ( per chi non lo conoscesse Rufus è un disegnatore inglese che viene dal punk, amico di Dee Dee Ramone e dei Clash a cui ho ovviamente fatto mille domande su Dee Dee e abbiamo parlato un po’ anche del punk rock in generale.)
Sì, dai sono abbastanza soddisfatto, diciamo nel 2012 qualche soddisfazione sono riuscito a togliermela anche se di base io non riesco mai a dire che va tutto bene, cioè rivedo le cose e le rifarei sempre in modo diverso, perché guardo agli artisti che mi piacciono e penso che devo ancora imparare un sacco.
Intanto spero che le mie cose piacciano e che possa continuare a lavorare su cose del genere, poi si vedrà.
Nella sezione “novità” ti metto che credo farò, spero, qualche nuovo custom toy e poi ho in progetto, con un amico che mi aiuterà per la parte tecnica, di provare a fare dei toys autoprodotti,fatti in casa, in tirature limitate, dovremmo iniziare a breve quindi poi arriveranno aggiornamenti. forse.

[A] – Non sono un grandissimo intenditore d’arte, ma al momento si sente parlare tantissimo di Diego Koi, giovanissimo artista italiano che con il suo iperrealismo ha attirato l’attenzione dei mass-media un po’ di tutto il mondo. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi e magari facci anche una critica da “esperto” per gli ignorantoni come me.
[R] – Che dire di Diego Koi che non sia già stato detto?
E’ un fenomeno in quello che fa. Esponente di questa “nuova ondata” di disegnatori/pittori iperrealistici, ne ho visti un po’ su vari siti di  riviste d’arte e sono molto contento che un italiano sia nei maggiori esponenti di questo stile, un po’ di “nazionalismo artistico” ogni tanto va  bene.
Credo che sì, sia nato già dotato di un talento estremo per il disegno, ma la  precisione e il dettaglio fanno capire che ha fatto molto studio sulle
luci,sulle ombre e sull’uso della matita, che comunque è di base un media
abbastanza “ostile”, tipo io personalmente calco tantissimo sul foglio e non riuscirei mai  ad usarla in quel modo. Penso che il suo successo sia più che meritato, quindi un in bocca al lupo per tutto a Diego e sarei curioso di vederlo fare delle cose tipo con le matite colorate ma sempre iperrealiste.

[A] –
Daniel Johnston (mio idolo assoluto), Kepi Ghoulie e Manuel Manges: sono i primi 3 musicisti che mi vengono in mente che si dedicano anche all’arte. Il filo conduttore è la semplicità delle loro opere, viene quasi da pensare che chiunque possa fare “quei disegni”. Eppure se ci provo io, il risultato è penoso. Cosa ne  pensi?
[R] – Allora innanzitutto ammetto la mia ignoranza in quanto Daniel me lo sono  dovuto cercare su internet. Manuel e Kepi sono amici di vecchia data e li  conosco un pochino meglio in compenso.
Alla base della bellezza dei loro lavori credo ci sia la “purezza”  dello stile che hanno.
Non è una cosa “studiata” a tavolino o “pensata per piacere”, cosa che purtroppo molti artisti fanno e non solo nel campo del
disegno. E’ una cosa che viene da sè, di getto, una cosa che fai perchè ti piace  farlo, ti diverte e la faresti a prescindere dal fatto che a qualcuno piaccia o no. Credo che il segreto sia lì, nell’avere quello stile dentro, di avere uno stile che alla fine sei tu.
E’ una cosa che viene dal cuore, Manuel ama i Ramones e dipinge i Ramones, Kepi  ama i mostri e dipinge i mostri, e così via. Puoi studiare quanto vuoi, ma quella “purezza” o ce l’hai o non ce l’hai.
Loro hanno la fortuna di averla.
In particolare sono molto contento per il successo che ha avuto Manuel  quest’anno con le sue tele, erano anni che in tanti gli chiedevamo di esporre i suoi disegni perchè erano bellissimi e mi fa piacere che il riscontro che ha ottenuto sia stato così positivo.

[A] – Non parliamo di scena, altrimenti ci intristiamo, però sarebbe bello parlare un po’ della tua città.  Per moltissimi punk-rockers stranieri Punk Rock + Italia = Las*Pezia. Come avete fatto a costruire un “nome” in tutti questi anni? I bei tempi oramai sono andati ma Manges, Peawees e La Skaletta, resistono più che bene. Come mai, secondo te?
[R] – No dai non ci intristiamo! Guarda credo che per noi in primis sia strano, pensando alla città in sè, che per chi la abita è nota per “tarpare le
ali” , di avere creato dal nulla tante cose fighe.
Anzi direi che Hanno creato, io piu’ di andare ai concerti e fare qualche flyer dei concerti non facevo. La  Skaletta, che frequento tuttora, da quando ha aperto in città  ha portato una ventata di novità, locale vicino al centro che faceva ogni settimana musica dal vivo, ed era una cosa non così diffusa qui da noi ai tempi, ambiente amichevole, e di cui ti sentivi parte anche solo andando a berti la birretta la sera. Con il “boom” della cultura punk rock a metà anni 90 è subito diventato un locale di riferimento per il
“movimento” anche perchè credo uno dei primi posti se non il primo a
dare spazio al punk rock suonato e ascoltato con concerti e dj set. Di contorno si era creato un buon giro “punk rock” anche cittadino, quindi quando un gruppo veniva a suonare si trovava un bel gruppo di gente a vederli e a divertirsi.
Molta di quella gente credo non ascolti nemmeno più punk rock ad oggi, pero’ era bello vedere i concerti super pieni e in tanti comprare ai vari banchetti delle distro.
Last but not least tutto il discorso “locals” e “Las*Pezia Punk Rock” aggiungeva fascino ad un posto che era, ed è ancora oggi, un punto di riferimento per chi ama un certo tipo di musica.
Manges e Peawees parliamo di fratelli e grandi bands. Credo tutto quello che hanno fatto finora e le soddisfazioni che si sono tolti se le siano meritate tutte. Penso siano due gruppi molto amati dalla gente per motivi diversi ma in parte simili.
I Manges (dove suonava anche Hervè Peawee, ma questo credo lo sappia anche mia madre) sono stati tra i primi gruppi a proporre un punk ramonesiano (qui a La Spezia credo i primi in assoluto)
in anni in cui la “gente” seguiva sicuramente più altri generi tipo il metal ed erano quasi tutti fissati con le menate tecniche, e negli anni si sono costruiti un loro “universo” fatto di scimmie, soldati, citazioni di film culto e topolino, sempre con coerenza e grandissima attitudine. Penso la loro forza sia sempre stata nel cambiare non cambiando.
I Peawees invece stanno ai Clash come i Manges stanno ai Ramones. Ogni loro disco “esplora” sonorità sempre un po’ diverse, più “sperimentali” rispetto al classico punk rock “tre accordi” e penso che questa sia stata la loro forza: di arrivare a carpire l’attenzione anche di chi abitualmente non mastica quotidianamente il punk’n’roll.
Per tutti e tre comunque, Skaletta, Manges e Peawees credo abbia influito il
fatto di fare le cose credendoci e di farle con il cuore. Questo alla fine le
persone lo “sentono”.

[A] – Nella tua biografia hai scritto che da quando hai scoperto il punk rock si  è aperto un nuovo mondo per te. Hai goduto in pieno degli anni ’90, e sei  tuttora vicino a tantissimi gruppi del periodo: hai mai suonato con qualche  gruppo più o meno famoso?
[R] – No,no sempre stato negato a suonare qualunque cosa!! avevo anche provato a farmi insegnare il basso da un amico metallaro ma niente. non sono portato per niente. del resto alle lezioni di chitarra che frequentavo alle scuole medie, saltavo spesso le lezioni per andare a giocare a calcio. Pero’ negli anni in cui ho lavorato con Hervè e avevamo le sale prova, ogni tanto suonavamo cover di Ray Charles e altri, lui chitarra e voce e io batteria. ma non so se conti  come “suonare con qualche gruppo famoso”. e comunque ero scarso pure lì.

[A] – Ben Weasel è senza dubbio, nell’ambito della musica, uno dei tuoi “clienti” più importanti.  “He’s an asshole”.”He’s a jerk”. “He’s Ben Weasel,he’s so cool”: la sintesi di Joe Queer è probabilmente perfetta, ma tu che sei a contatto con lui potrai dirci qualcosa in più. Come è lavorare con lui? Come avvengono le vostre comunicazioni? Come è nata questa collaborazione?
[R] – Per quanto mi riguarda posso solo dire che Ben “is so cool”. Grande professionista con il suo lavoro e soprattutto nei confronti del mio. E’ molto gratificante perchè da  molto valore alle cose che faccio.
Di base ci sentiamo via email, mi manda un’idea o le date per i poster a
seconda di cosa dobbiamo fare. Per quanto riguarda i posters mi lascia
abbastanza carta bianca, a meno che non abbia già in mente un “tema”
da utilizzare, ad esempio i primi poster del Heard You Were Dead Tour erano
ispirati a 1997: Fuga da New York su sua richiesta, pero’ è molto aperto a idee
e suggerimenti, sempre per il HYWD tour , il loghino del Weasel/Jolly Roger
l’ho avuta io per caso, l’ho mandata e ne ha subito fatto magliette e
“logo” del Tour. Abbiamo anche chattato su skype una volta ed è stato
molto divertente, anche perchè Ben faceva un sacco di battute.
La collaborazione è nata un po’ per caso, quando i Manges sono andati in USA  per registrare Bad Juju ed avevano una data con i Riverdales. Mi hanno chiesto di fare una prova per il poster del concerto. Il poster è stato approvato e lo hanno stampato.  A Philadelphia Ben Weasel ha poi chiesto ai Manges di avere il mio contatto e sono stato “arruolato” da quello che era il manager di SW e Riverdales all’epoca e che si è licenziato dopo i fatti di Austin.
All’ inizio ero in contatto con il manager, poi dal “post-Austin” sono in contatto con Ben direttamente, che è meglio perchè c’è una comunicazione più diretta e arriviamo a una soluzione più velocemente e  senza intermediari.
E’ stato un po’ un sogno che si  realizzava lavorare per gli SW, se pensi che mi sono tatuato il weasel quasi ventanni fa, puoi immaginare che la soddisfazione di fare le loro grafiche sia stata immensa, all’ inizio ero terrorizzato, ora la vivo molto meglio sperando di lavorare ancora per loro per un bel po’ di tempo.
[A] – Nonostante le smentite, i punk-rockers amano il gossip e qualche news in anteprima non ci dispiace affatto! Hai qualche chicca da darci? Nuove collaborazioni importanti all’orizzonte? Con l’occasione ti salutiamo e ti ringraziamo per la  disponibilità, continua così!!! Gabba Gabba!
[R] – Qualcosina bolle in pentola, a parte le collaborazioni con gruppi italiani
e non, è da poco uscita la 
ristampa di How To Make Enemies and Irritate People, degli Screeching Weasel con veste grafica rinnovata per l’occasione (anche se
io sono affezionato a quella “classica”) e ho avuto l’onore di
curarla io, sto anche facendo alcuni nuovi posters sempre per gli Sw e le loro
date.
Sto iniziando a gettare le basi per il nuovo album di Vapid con i suoi Cheats (ma è ancora in stand by) e da qualche giorno ho chiuso una inaspettata collaborazione con gli States, hanno scelto un mio vecchio design, che ho rielaborato per l’occasione, per fare le magliette promozionali del reality USA Ghost Hunters, che si basa su fantasmi , case infestate ed affini.
Poi quando ho tempo continuo con i miei progetti personali per siti di  magliette “a concorso” e affini. Ah mi sono anche fatto tatuare un ritratto di Bela Lugosi nel frattempo.
Grazie mille a voi per lo spazio e la pazienza!
In bocca al lupo per tutto.
Gabba Gabba!

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