The Thirtysevens – 2014 – Time Travel Math

 
Prima di iniziare a leggere, premere play nel link giù in fondo.
Molti amici sostengono che qualsiasi cosa dica, produca o faccia Ben Weasel a me piace (cit. Markez). Anche le cazzate. Ed effettivamente è vero. Considerando che il mio raggio di gusti musicali varia tra i Ramones e tutto quello che riguarda i Ramones quando mi capita tra le mani un disco come questo dei Thirtysevens i miei occhi brillano di gioia, mi viene da pensare che a volte c’è speranza per un mondo migliore e che in Toscana esiste un piccolo Ben Weasel e una band che Wiggle e Anthem for a New Tomorrow li  ha ascoltati fino alla noia. E io godo. Avevo avuto modo di apprezzarli qualche mese fa nel mega-split La Massoneria Ramonica e i Suoi Adepti Vol​.​1 e mi colpirono tanto, tantissimo.
Li aspettavo al varco per un full length e non appena il buon Pulce della Monkeyrite Records  mi ha mandato Time Travel Math sono rimasto subito affascinato da questo disco dal sapore sicuramente casalingo/lo-fi  (presa diretta?) ma che ritengo sia una dei dischi più interessanti usciti in Italia nel 2014.
11 tracce che scorrono via come un bel sorso di Jameson rigorosamente senza ghiaccio. Dritti, diretti e fottutamente affascinanti con dei testi sopra la media e arrangiamenti di chiara scuola weaseliana – con tante citazioni, a volte palesemente volute (Becky Ramone vi dice qualcosa?) –  ad accompagnare una voce che rimanda tremendamente a zio Ben. Sinceramente non riuscirei a scartare nemmeno un pezzo visto che ho tenuto il tempo sulla coscia così tante volte fino a deformarla. Ma ragazzi, Not a Kid Anymore, Social e Time Travel Equation sono delle autentiche gemme che metterei nella compilation da regalare alla ragazza da conquistare.
Ora resta da capire che faranno nel futuro questi ragazzacci. Non mi pare stiano suonando tantissimo, anzi. Resteranno una fantastica meteora oppure avremo occasione di sentire nuovo materiale? Nel frattempo  mostrategli un po’ d’amore su facebook e compratevi ‘sto disco dalla Monkeyrite Records o da Striped Music.
Secondo passo: riascoltare ancora il cd, fino alla noia.

 

TRACKLIST:
01 – Agent 13 Is Dead
02 – Not A Kid Anymore
03 – Trying To Fix You
04 – Becky Ramone
05 – Social
06 – Two Times Table
07 – Not Better Now
08 – Bad Bad Dream
09 – Time Travel Equation
10 – Screw You
11 – She Rides The Rainbow

BAND:
Paolo “Fonne” : voice
Adriano “Cecche” : guitar, backing vocals
Marco “Marky” : guitar
Federico “Fro”: bass, backing vocals
Fabio “Bara” : drums

The Menzingers + Smith Street Band + The Holy Mess – 8.10.2014 – Live @ Paradiso (Amsterdam)

Escono le date del tour europeo dei Menzingers. Niente Italia. Urge una soluzione, e la meta più papabile sotto molti punti di vista è Amsterdam, per me #1 city in the world e, tra le tante mete raggiunte dai Menzingers non  ho avuto particolari dubbi nell’effettuare la scelta.
Travelling crew composta dal sottoscritto + Paolino e Matteo, livornesi doc e  grandissimi amici. Avrebbe dovuto essere della partita anche la mia ragazza, che però a causa di un volo annullato all’ultimo ha dovuto tristemente rinunciare.
Il viaggio per arrivare ad Amsterdam via Ryanair è eterno e riusciamo a raggiungere l’hotel per le 18.30, giusto il tempo per prepararci e avviarci a
piedi (ben quattro minuti di strada) verso il Cafè Paradiso, locale di cui ho sempre sentito parlare ma che non avevo mai avuto modo di testare di persona. Per quanto momentaneamente avvolto nei ponteggi, il Paradiso è in linea con l’architettura cittadina, da fuori potrebbe tranquillamente essere scambiato per un museo o un edificio storico. Dentro è uno spettacolo, le aree comuni (ci sono più sale e più eventi in contemporanea) sembrano hall di hotel di lusso, con lampadari e scalinate con tappeto rosso. Lasciamo giacche e felpe al guardaroba e per le 19.20 (inizio previsto del concerto alle 19.45,  l’alba praticamente) siamo al bar per la prima Heineken e per la prima foto sotto il palco. Tutta la stanchezza della giornata viene dimenticata e iniziamo a sentire l’emozione pre-concerto. Nel giro di mezz’ora il locale è stipato (sold out, la sala contiene circa 200
persone, per dare un’idea come l’area concerti dell’Honky Tonky).
Alle 19.45 attaccano gli Holy Mess, da Philadelphia. Non sono ancora riuscito ad ascoltare  il loro ultimo album, Comfort in the dischord, per cui per me sono una novità assoluta. Si presentano con cantante/bassista del tipo Matt Skiba meets il cantante dei Placebo, con tanto di Rayban da vista cerchiati in bianco e unghie smaltate nere. I due compari di band sono in smanicato nero e barba.
Spaccano davvero il culo, musicalmente e stilisticamente ricordano gli Alkaline Trio più aggressivi. I pezzi sono immediati e molto orecchiabili, davvero una bomba! (Ho ascoltato con attenzione i dischi una volta a casa, confermo la mia opinione).
Chiudono dopo mezz’ora e lasciano il palco agli australiani Smith Street Band, che mi ero colpevolmente perso al GroezRock. Band molto originale e  particolare, chitarre pulite, tempi dispari, voce urlata e testi chilometrici.
Attaccano con Sigourney Weaver, dal penultimo lavoro No one gets lost anymore, poi si procede con Don’t fuck with our dreamsI can’t feel my face, un paio di pezzi nuovi. Da quando li conosco, i loro dischi accompagnano i miei momenti di relax casalingo (colonna sonora perfetta per lavare i piatti), ma qui l’atmosfera è tutt’altro che tranquilla, anche i pezzi più lenti sono suonati con grande precisione e cattiveria. Il cantante è uno spettacolo nello spettacolo, gesticola un sacco e con l’accento australiano fortissimo non può che risultare simpatico.
Unica pecca, forse, i pezzi un po’ troppo lunghi (ne suonano 8 in 35 minuti di scaletta), ma pazienza.
Chiudono con la doppietta When I was a boy I thought I was a fish e Young Drunk.
Cambio palco di circa dieci minuti dove guadagnamo la frontline e ci prepariamo, spiando le scalette. Parte la intro, i Menzingers salgono sul palco e il pubblico impazzisce. Paolino tira fuori dalla tasca una bandiera tricolore con il logo dei Menzingers fatto con lo scotch nero in centro, la sventola qualche secondo e lo appoggia sul palco.
Puntuale arriva il roadie a tirarlo via, pensiamo che la trovata sia durata poco, invece la bandiera viene fissata sulla cassa della chitarra di Tom May e lì rimarrà, risistemata all’occorrenza.
I Menzingers giustificano in pieno il viaggio fatto per vederli; attaccano con I don’t wanna be an asshole anymore,  dall’ultimo Rented World, poi pescano qua e là dagli ultimi tre dischi, vanno avanti con Burn after writing e I was born.
Subito dopo si prosegue con The obituaries, The talk, Ava House e Where your heartache exists, quest’ultima attesissima dal sottoscritto. Su questo pezzo, durante il momento di silenzio post-ritornello, Paolino inizia nel silenzio più assoluto a  fare con la bocca il giro di basso introduttivo del bridge; il bassista non lo segue e si perde via, ridendo insieme al pubblico.
La  band non perde colpi e continua ad infilare pezzoni, Gates, My friend Kyle, Hearts Unknown, Time Tables, Nice Things, per concludere con la fantastica In Remission.
Stop  di un paio di minuti poi la band rientra per gli encore; chiedono: “Who are the Italians?”, noi alziamo le mani, loro ringraziano e ci dedicano Rodent, seguita a ruota da Casey e da una Roots Radicals che parte così a sorpresa che quasi non ce ne rendiamo conto.
Concerto incredibile, più i pezzi sono depressi e disperati più la band riesce a proporli in una dimensione live né depressa né disperata, davvero ottimi.
Alle  22.30, tutto è finito. Stiamo in giro un po’ nel locale per fare qualche foto e chiacchierare con le band e fare acquisti al banchetto. Poi è tempo di uscire e lasciarci guidare dalle strade di Amsterdam (in cui continuo a perdermi come uno stronzo, nonostante ci sia stato un milione di volte). Grazie a Paolino e Matte, vi voglio davvero bene ma cambiate squadra!
di Enri Gluesniffer

Teenage Gluesniffers – 2014 – Frames

Partendo dal presupposto che da queste parti manteniamo un’atteggiamento anni-luce dalla professionalità, questa volta il disco che mi ritrovo tra le mani è Frames, il nuovo EP dei Teenage Gluesniffers, band del mio socio di IBR e di altri due ottimi amici. Tutti potrebbero pensare a una mancanza di obiettività nel parlare di questo disco, ma visto che “non è ancora il momento di cominciare a farci i pompini a vicenda“, cercheró di essere onesto… nonostante la voglia di inveire contro Paolo ( tu sai perchè!) è davvero tanta….
In ogni caso, Frames é uscito da qualche mese per la Infested Records (label  americana…) ed è un EP composto da 6 pezzi più una bonus tracks che rappresentano a mio avviso il miglior lavoro dei ragazzi, vuoi per il sound più elaborato, vuoi per il livello compositivo decisamente più maturo. A differenza dei lavori precedenti, nonostante i testi piuttosto cupi e paranoici (Oh Paolo…) , le canzoni suonano più “poppettose” e orecchiabili, caratteristiche forse non così marcate nei precedenti lavori. Ascoltate Back From Pasalaqua o The Raven, probabilmente il pezzo migliore di sempre dei ragazzi, per capire. Menzione speciale per la bonus track, una coraggiosa reinterpretazione di Something To Believe In (giá presente sul tributo italiano ai Ramones) che mi é piaciuta tantissimo. Adesso, via con il  solito sermone, potete comprare il disco dai ragazzi oppure tramite la Infested Records che merita il massimo rispetto per il sostegno che sta dando a tante band italiane.

TRACKLIST

01 – Brand New Day
02 – Notes of a Thirsty Young Man
03 – The Raven
04 – Back from Pasalacqua
05 – My Armageddon
06 – Peabody Award Shithead Trophy

BAND
Paolo – guitar, voice
Fra – bass, backing vocals
Enri  – drums

Subscribe to ibuyrecords.it ’s newsletter, which will then be emailed to you.
Once you are subscribed to our newsletter, you will get the latest updates and features on the website.

The subscription is free. Please, fill out the form below.

We value and respect your privacy. Please read our Privacy Statement, which states our firm commitment to your privacy.
Your email address will not be sold or used for purposes other than subscription for the newsletter.